giovedì 16 dicembre 2010

Tutti scarcerati

Fuori. Tutti fuori, fuorchè uno agli arresti domiciliari. Ecco la nuova perla di saggezza da parte della giustizia italiana. E' questo, infatti, l'epilogo della guerriglia romana del 14 dicembre, che ha visto la nostra Capitale essere messa ferro e fuoco da centinaia di black bloc. Le chiamo persone, perchè sono persone, anche se potrei, senza problemi, definirli animali. Scatenati. Incappucciati e armati. C'è anche chi ha il coraggio di chiamarli studenti. Studenti saranno altri, quelli sono nelle facoltà a studiare e fare ricerca, nonostante le mille difficoltà dei tagli della finanziaria. Questi erano infiltrati; molti sono militanti di estrema sinistra e dei centri sociali, in piazza con la sola ideologia antiStato. Chi ha una vera ideologia non opera così. Studia, s'impegna, si propone politicamente, va anche in piazza a manifestare se c'è bisogno, ma non in quella assurda maniera. Non molto lontano la parte buona del paese,quella che ha incrociato le braccia per un giorno, ma che ha rispettato Roma e la legalità. E hanno ragione a protestare, il paese sta barcollando. Ma non si può difendere i teppisti. Criminali, criminali, criminali. Permettetemelo di dire, anche se non potrei farlo: l'altro ieri non ho provato alcuna pieta a vedere qualche ferita sulle teste dei black bloc.

mercoledì 15 dicembre 2010

Ed ora?

La fiducia incassata ieri da Silvio Berlusconi non può che essere vista da due lati ben opposti, in positivo e negativo. E' sicuramente positiva per il presidente del consiglio come piccolo rivincita personale nei confronti di Gianfranco Fini, che era ormai sicuro di far cadere l'ex alleato. E' però negativo per il paese, non per la permanenza di Berlusconi al governo, ma purtroppo per l'instabilità numerica che la maggioranza berlusconiana-leghista avrà con il perdurare dei giorni. Con tre voti di scarto non si può governare. Il vero problema è che questa maggioranza era partita con più di 100 parlamentari, ed ora si ritrova con un piccolo surplus di 3, per giunta composto da due deputati ex Idv, che in teoria nulla avrebbero da condividere con Pdl e Lega. Toccherà a Berlusconi cercare nuove alleanza anche se l'orizzonte non è molto roseo: Fini è a tutti gli effetti un leader di opposizione e anche Casini sembra non voler aprire porte al premier. L'altra soluzione sono le urne. In tutti e due i casi ci perde il paese. Nel primo, perchè una possibile apertura dell'Udc porterebbe sicuramente rimpasti di governo che non favorirebbero una sano percorso delle riforme più necessarie, come fisco e federalismo, e nel secondo caso perderemo 3-4 mesi per un'inutile campagna elettorale. Come andrà a finire, vedremo. A Napolitano l'arduo compito di decidere le sorti di questa Italietta.

sabato 11 dicembre 2010

La manifestazione Pd

Beh, sicuramente tante belle parole, quelle di Pierluigi Bersani oggi a Roma. Nella sua agenda si parlava di lavoro, quello che ora manca più che mai in Italia; ha parlato di giustizia civile, che con la sua lentezza blocca e dimezza la crescita della competitività delle nostre imprese; ha parlato di sicurezza ma soprattutto d'integrazione, perchè è vero e giusto dare primo o poi la cittadinanza agli stranieri. Si è discusso di alleanze e di una nuova stagione politica. Una nuovo periodo improntato sulla scuola, sull'università e sull'avvenire della nuova gioventù. Ma quale gioventù? Quei ragazzi ventenni (bravissimi) che discutono e lavorano all'interno dei circoli democratici, o quelli seduti in parlamento? Fateci caso, se non avete visto oggi il discorso di Bersani andatevelo a rivedere su youtube. Bello, interessante e anche concreto per certi versi. Ma sorge il problema: chi deve concretizzare quel programma di idee? Bersani potrebbe anche essere un futuro presidente del consiglio esperto, ma il suo contorno da chi sarebbe costituito? Io azzardo una risposta: da D'Alema, dalla Concia, dalla Bindi, dalla Finocchiaro, dalla Turco, da Veltroni. Guarda caso quelle persone apparse dietro Bersani alla fine del discorso mentre veniva intonata la canzone del Partito Democratico. Quello sarebbe l'avvenire? Per fortuna che nel gruppone si sono intraviste i timidi sguardi di Debora Serracchiani e Matteo Colaninno, due promesse che posso dare tanto. Insieme all'altro grande escluso della giornata. Matteo Renzi.

giovedì 9 dicembre 2010

La riforma Gelmini. Una possibilità o una presa per il ****?

Diciamo che non c'è una via di mezza nell'opinione pubblica italiana riguardo qualsiasi cosa di rilevanza politica. O fa schifo o è perfetta. Bisognerebbe invece essere un po' più responsabili e coerenti, sostenendo con forza alcuni punti importanti della riforma universitaria e disapprovando con vivacità altri perni del decreto. L'idea di fondo è quella naturalmente di migliorare la qualità del sistema universitario nazionale, sempre più nei bassifondi delle classifiche. Qualcosa di pesante bisogna fare, questo è ovvio. Bisogna poi vedere anche in che modo lo si fa. Analizziamo per punti. Partendo dal lato amministrativo, (e qui ci saranno critiche), vedo con grande positività l'ingresso di rappresentanze d'imprese e soggetti privati all'interno dei Cda accademici. Questa porterà sicuramente una maggiore apertura dell'università verso il territorio e il mondo produttivo. E sappiamo quanto sia importante un'università che formi i ragazzi per un facile inserimento nel mondo del lavoro. La limitazione degli anni di rettorato e la norma antiparentopoli mette un freno alle scandalose baronie sorte nel corso degli anni. Ma molte sono anche le norme su cui sorgono molti dubbi. La ricerca è sicuramente l'area più oscura. I contratti a tempo determinato per 3 anni rinnovabili per altri 3 senza la garanzia certa dell'assunzione come associato al termine dei 6 anni, beh questo è un fardello abbastanza pesante. Come poi equiparare le università pubbliche con il Cepu, un'altra contraddizione molto evidente. Non contensto invece il finanziamento di 100 milioni alle università private. Avendo studiato microeconomia, posso affermare con certezza che chi si accolla grandi spese per garantire alla collettività un'esternalità positiva, deve essere incentivato dalla Stato. E lo Stato fa proprio questo. Ecco, questi sono appunto i punti salienti. Credo che un buon dibattito pubblico, unito ad un gran lavoro in Parlamento da parte tutti, possa portare ad una riforma maggiormente condivisa, anche se purtroppo le premesse non sono entusiasmanti.

lunedì 6 dicembre 2010

Il 14 dicembre: la fine della Seconda Repubblica?

Il 14 dicembre sarà il giorno della svolta, è ormai sulla bocca di tutti. Ma proprio tutti, compresi anche quelli che al voto preferirebbero lo svolgimento e la continuazione dell'attività di governo. Tuttavia, il presidente del Consiglio è stato chiaro. O fiducia o voto. A fare la conta sono bravi tutti, e i numeri ci dicono che la fine del terzo governo Berlusconi è vicina. Ma chiediamoci. Cosa c'è oltre Berlusconi per ora? Il nulla. Sappiamo che dal 14 dicembre Berlusconi quasi sicuramente, a meno di stravolgimenti dell'ultima ora, dovrà rimettere il mandato nelle mani di Napolitano. E dopo? Regna l'incertezza più assoluta. A destra, beh sicuramente l'attuale capo del governo dovrebbe lasciare quasi sicuramente il timone, sempre se non voglia, ferito nell'orgoglio, ripresentarsi ancora davanti agli italiani nel segno della continuità. Con il Pdl in costante perdita di consensi, farà sicuramente un altro pieno di voti la Lega Nord, forte della capillarità al nord. In un paese normale poi quella che dovrebbe cercare di raccogliere l'eredità della maggioranza ormai in procinto di fallimento, dovrebbe essere l'opposizione. Ma l'opposizione in Italia dov'è? Forse Fini. Forse Casini. Bersani chi lo sa. Certo è che la sinistra ha bisogno anche lei di un bel ribaltone, non solo di facce nuove, ma anche di idee e progetti. L'apertura alle primarie dovrebbero essere un buon gioco, sempre che Bersani abbia il coraggio di presentarsi davanti al popolo del centrosinistra per cercare la riconferma. Ad insediarlo, probabilmente, Nichi Vendola, leader di Sel, Sinistra Ecologia e Libertà, uomo sicuramente nuovo nel panoramo nazionale, oratore, ricco di idee nuove forse per una nuova sinistra. Quella vera. Il centro poi sforna il terzo Polo, con Casini, Rutelli e la nuova formazione politica di Fini, Futuro e Libertà. Fermiamoci un attimo. Non sembra di tornare indietro di 16 anni fa, fino a quel 1994 che incoronò Berlusconi. Una sinistra che forse prende il via per la sinistra con la S maiuscola, un nuovo centro, cattolico e liberale, come la vecchia Dc, e un centro destra con la Lega più liberista, non più liberale, dal mio punto di vista. L'unico incomodo è forse Fini, ex Msi e An, che proprio non lo vedo in un'alleanza con l'Udc e l'ex Margherita. Staremo a vedere, ma questo potrebbe già essere qualcosa di più che un'utopia della Terza Repubblica.

giovedì 2 dicembre 2010

Occhio alla Federal Reserve

E' di questo periodo la notizia dell'imissione sul mercato monetario di svariati miliardi di dollari da parte della Federal Reserve, la banca centrale americana, con un aumento eccessivo dell'offerta di moneta. Stando ai principi keynesiani, in un primo momento, la liquidità farà bene al sistema economico con un supporto economico maggiore in favore delle aziende in crisi presenti nell'economia reale, con un rilancio degli investimenti e di conseguenza della produzione. Tutto questo nel breve periodo, ma considerando il medio periodo, certamente non c'è da scherzare. Nel medio-lungo periodo le politiche monetarie espansive portano ad inevitabili conseguenze inflazionistiche, con un aumento dei tassi d'interesse e di seguito la riduzione futura degli investimenti, necessari per lo sviluppo e la crescita della produttività. Cercare la stabilizzazione dei prezzi e quindi "il blocco" dell'inflazione voluto dalla Federal Reserve avrà conseguenze pesanti sul sistema occupazionale americano, già provato con la recente crisi. Non è una mia opinione personale, ma solo semplicemente l'osservazione e lo studio accurato della curva di Phillips, che ammette una relazione inversa fra disoccupazione e inflazione.

lunedì 1 novembre 2010

PRONTE LE VALIGIE

Sono usciti oggi i dati della crisi delle vendite Fiat, un segno meno di 39 punti percentuali, una contrazione po' comune a tutte le case automobilistiche, ma in misura maggiore per il marchio torinese rispetto alle colleghe estere. Il fatto è che, fra incentivi e non incentivi, aiuti o aiutini di Stato, casse integrazione, reintegri ed sindacati imbufaliti, non si parla mai del vero problema che attanaglia il mercato delle auto: in questo settore la sovrapproduzione è sempre stata all'ordine del giorno, con una domanda fortemente negativa. La situazione sta diventando difficile. Da una parte ci sono operai completamente spaccati in varie fasce, tra chi si fa il cosidetto "mazzo" lavorando e facendo straordinari, chi sciopera bloccando le catene di montaggio, e chi è perennamente in cassa integrazione ignaro del proprio futuro. La soluzione sta al di là delle menti di qualche povero industriale, economista o giornalista; la produttività in Italia cresce poco poco, a volte diminuisce, a fronte di costi sempre più alti che non ci rendono efficienti e competitivi nel "Trade" mondiale, ma le affermazioni di Marchionne, amministratore delegato molto serio e superiore alla media dei colletti bianchi attuali, non possono essere accettate. La Fiat deve rimanere in Italia, deve continuare a produrre qui. Magari riducendo le spese per fare quantità di produzione elevate, investendo quelle risorse non utilizzate in favore di sviluppo e ricerca al fine di sfondare nei nuovi mercati. Lasciare il Bel Paese sarebbe come tradire un popolo intero e il sogno collettivo di quel popolo che nel Dopoguerra vedeva questa azienda come il simbolo per il riscatto nazionale e il fiore all'occhiello del boom economico.

martedì 19 ottobre 2010

Economia:

Leggo sulla "Stampa" di Domenica 17 ottobre un bellissima intervista di Stefano Lepri a Jean Claude Trichet, presidente della Banca Centrale Europea, con un titolo molto eloquente: "L'Italia riduca il debito in fretta". "E' necessario che l'Italia incominci ad abbattere il debito pubblico" afferma Trichet, "perchè in ciò sta l'essenza della stabilità finanziaria europea. "L'introduzione dell'euro, moneta unica per 330 milioni di persone, gode di un elevato grado di fiducia degli investitori e risparmiatori. Non penso che ci sia stata una sua crisi" continua il numero 1 della Bce, "bisogna fidarsi della nostra stabilità, abbiamo un'unica politica monetaria ed un unico presidente, siamo uniti."