giovedì 26 gennaio 2012

Wage or Job Competition?

In questo ultimo mese ho preparato l'esame di economia del lavoro, il terz'ultimo prima del conseguimento della laurea triennale in economia dei mercati. Durante la preparazione ho studiato con attenzione interi capitoli sui modelli macroeconomici relativi al mercato del lavoro, principalmente su sindacati e contrattazione salariale. Sul mercato esistono due forme di reclutamento del personale lavorativo, la wage competition e la job competition, quest'ultima molto più frequente della prima. Nella “wage” i lavoratori competono sui salari, e chi offre all'imprenditore una busta paga più leggera, è assunto, mentre la “job” prevede una competizione in base ai titoli di studio e alle qualità individuali del singolo lavoratore. Neanche a dirlo, la job è la forma di selezione più utilizzata e forse ritenuta anche più etica. Ma è proprio così nella realtà attualissima? Sinceramente a me non sembra. La globalizzazione ha ormai rimescolato tutte le carte in tavole. Quando in un primo momento la richiesta sul mercato del prodotto era esigente, si ricercava sempre qualità e specializzazione, caratteristica della job competition. La delocalizzazione nei paesi in via di sviluppo ha inesorabilmente spostato l’asse verso la wage competition. I nostri lavoratori, soprattutto i nostri operai, che, per rimanere sul mercato del lavoro, sono obbligati a specializzarsi sempre di più, competono ogni giorni per non farsi spazzare via dalla manodopera a basso costo. La normalità, per chi conosce la globalizzazione. Un po’ meno per chi ha faticato anni per specializzarsi e aumentare la qualità del proprio lavoro, e si viene visto scavalcare da qualche sfruttato lavoratore cinese o indiano.

mercoledì 11 gennaio 2012

Asia - Europa 1-0

 
Il 2011 sarà ricordato per la grave crisi economica, per lo spread, per i titoli spazzatura, per l'uscita di scena di Berlusconi in Italia, e per migliaia di altri avvenimenti. Ce né uno in particolare, però, che regala gioia e amnesia. Lo scorso 31 ottobre, in India è nato il settimo miliardesimo abitante del pianeta. La popolazione cresce e crescerà ancora, tanto che nel 2050 si stima possa raggiungere i nove miliardi. Una cifra da capogiro se pensiamo che, entro questa data, gli agricoltori dovranno aumentare del 70% la produzione per far fronte alla domanda in costante espansione. D'altra parte però le superfici agricole rimangono ferme, se non addirittura diminuiscono. Motivo che ha spinto da qualche anno a questa parte grandi paesi a fare shopping nelle aree più povere del mondo. Cinesi, coreani e indiani dal 2008 in poi fino ad oggi si sono scatenati in Africa e nel Sud America. Il dragone ha letteralmente messo le mani sui terreni agricoli mondiali. Le grandi società agroalimentari cinesi, spinte dal governo, hanno goduto del sostegno finanziario e diplomatico di Pechino, ed ora controllano alcuni milioni di ettari nel mondo. Tutto questo è accaduto e accade mentre in Europa, negli ultimi decenni, i terreni coltivabili sono diminuiti del 26%. Se in un tempo non troppo lontano noi europei primeggiavamo almeno dal punto di vista agricolo, ora senza alcun dubbio abbiamo dovuto cedere lo scettro agli asiatici. Competere con loro sarà quasi impossibile.

martedì 10 gennaio 2012

Dieci, Cento, Mille Cortina

La Regina delle dolomiti sotto assedio. Controlli ad Abano Terme. Sono piccoli segnali, altro che Stato di polizia tributaria. Sono sempre dalla parte del libero mercato e contro la pesante burocrazia statale, ma i controlli antievasione sono sacrosanti. Ce ne fossero sempre, ogni giorno. Non è questione di Stato di polizia o meno. Viviamo in un paese che si porta ogni anno sulle spalle un fardello da 200 miliardi di evasione fiscale, euro più euro meno. Con questi soldi potremo non solo ridurre il debito pubblico, ma garantire servizi migliori ai cittadini, tagliare la pressione fiscale ormai arrivata a livelli imbarazzanti e svecchiare una burocrazia opprimente che risulta essere la vera palla al piede delle nostre imprese. Freghiamocene delle lacrime di coccodrillo, dei piagnistei di chi vive sulle spalle degli onesti, facciamo pagare a tutti tutto.