Il Nikkei di Tokio sta
recuperando, ma nelle ultime settimane l'indice giapponese se l'è
vista brutta. Continui tonfi borsistici, con forti perdite che hanno
ridotto i grandi guadagni degli ultimi mesi. Sembra che l'Abenomics
non sia più in grado di garantire quella sicurezza che fino a poche
settimane fa aveva monopolizzato il pensiero e le politiche
economiche giapponesi. La politica monetaria fortemente espansiva da
parte del neo premier Shinzo Abe, costituita principalmente da una
forte svalutazione dello yen, ha nel suo obiettivo primario la lotta
alla deflazione, con il raggiungimento di un livello d'inflazione del
2%. Una politica economica forse più appartenente a Krugman che alla
tradizione keynesiana, quest'ultima più concentrata sulla spesa
pubblica che sulla leva monetaria. Questa posizione, tenuta almeno
inizialmente anche negli Stati Uniti, dal numero uno della Federal
Reserve Ben Bernanke, sta lentamente declinando. E' vero, Bernanke
continua a pompare liquidità nel circuito finanziario statunitense,
ma alle prime parole del presidente della Fed su un possibile
ridimensionamento, almeno in terra americana, di tale politica, le
Borse sono andate a picco. L'effetto di questa politica monetaria,
nel breve periodo, fa certamente respirare i mercati finanziari,
dando anche grande impulso a consumi ed export. Detto questo,
l'Abenomics non può essere una condizione continuativa. Bisogna
infatti ricordare un particolare. Una Borsa drogata con utili e
facili guadagni è pericolosa tanto quanto un indice di Borsa ferma o
addirittura in perdita. La crescita in termini borsistici, per essere
sana, deve essere accompagnata da un aumento esponenziale del valore
dei prodotti e del Pil reale. Insomma, la borsa deve andare di pari
passo con l'economia reale. Altrimenti succede come nel 1929 e nel
2008 dove espansioni a livello monetario ed enormi guadagni tendono a
creare troppa euforia, che si traduce poi in bolle speculative,
difficilmente controllabile. Mario Draghi, proprio poche ore fa, ha
ricordato la necessità di intraprendere la strada di forti riforme
economiche, che vadano a intaccare le debolezze strutturali della
nostra economia, “sulla base delle misure che prese la Germania nel
2003”. Libertà d'impresa, liberalizzazioni, riforma del mercato
del lavoro e riforma delle pensioni. Due di queste le abbiamo già
approvate, ora però bisogna riformare fisco e burocrazia per le
imprese.