martedì 13 agosto 2013

Argentina sempre a rischio default. Quando le politiche monetarie espansive drogano l'economia

Risfogliando alcune letture di sabato sul Sole 24 Ore, ho cercato di capire e analizzare più a fondo un bellissimo articolo a firma di Mauro Del Corno sulla situazione dell'Argentina, che ormai da un biennio rimane appesa a un filo con un quotidiano rischio default. Gli argentini ai default ormai ci sono abituati, si fa per dire, dal momento che ne hanno collezionati sette nella propria storia, l'ultimo quello del 2001, con un micidiale crack sul debito estero e un enorme bank run che mise in ginocchio l'economia nazionale. Il paese ne è poi uscito apparentemente molto bene, con tassi di crescita di 8-9 punti percentuali, con una breve stop nel 2009 e poi una ripresa fino al 2011, quando è tornato un forte rallentamento. Il problema però è alla base. L'economia argentina non ha solide fondamenta, e a questo si aggiunge la scarsa lungimiranza della politica nazionale negli anni della ripresa. Il governo guidato da Cristina Fernandez de Kirchner, mentre l'economia galoppava, ha iniettato nel sistema politiche monetarie e fiscali espansive. Allentamento dei vincoli per i prestiti da parte delle banche commerciali, sussidi al settore privato, Banca Centrale sempre più forzata a stampare liquidità. Queste le linee guida del governo argentino, che hanno drogato in maniera quasi irreversile il sistema economico. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: inflazione a quota 25% circa, con seguente perdita di valore dell'export per via della crescita dei prezzi e una consistente e perdurante erosione di riserve di dollari. I problemi dell'economia reale si traducono anche a livello finanziario. I credit default swap argentini hanno toccato quota 2358 punti base, raddoppiando il proprio valore e doppiando pure quelli greci. Gli investitori sono avvisati. Un altro esempio, dei tanti, che indica la forte instabilità portata da politiche monetarie espansive.

giovedì 8 agosto 2013

Bank of England segue Bernanke e Abe, ma attenzione alla crescita facile

Dagli Stati Uniti al Giappone, fino all'Inghilterra. L'amore per una politica monetaria espansiva sembra aver contagiato proprio tutti. Perchè dopo le pompate di liquidità del premier giapponese Shinzo Abe e quelle del presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, ora ci si è messa, ormai da un pezzo, anche la madre patria inglese. L'annuncio di questa prosecuzione di tale politica monetaria è arrivato proprio ieri dal numero uno della Banca d'Inghilterra Mark Carney. Si manterrà una forte propensione all'espansione di liquidità fino a quando il tasso di disoccupazione nazionale non scenderà sotto la fatidica soglia del 7%. Un obiettivo che probabilmente sarà raggiunto solo nel 2016, grazie a un costo del denaro pari allo 0,5%, il minimo storico tenuto dalla Bank of England. In quasi tre anni da qui al 2016 tutto può succedere, come una leggera revisione della politica, nel caso in cui si verificassero condizioni inattese come un'inflazione superiore al 2% o instabilità finanziaria a causa di tassi d'interesse troppo bassi. Anche oltre Oceano non se la passano male. Ben Bernanke sta continuando a portare avanti una forte propensione alla liquidità, che non si fermerà fino a quando non saranno raggiunti gli obiettivi di disoccupazione e inflazione. C'è poi il Giappone, grande trascinatore sul versante di creazione di moneta, con l'Abenomics messo in campo del primo ministro Shinzo Abe. E intanto le borse, a parte qualche svarione, ringraziano. Un esempio, su tutti, Wall Street. Nel 2013, fino ad ora, la borsa americana ha guadagnato il 19%, oltre 1700 punti. Ora però la riflessione si fa più complessa. Ha senso mantenere tassi d'interesse al minimo per mesi e mesi? Lo so, sono abbastanza ripetitivo, ma ricordiamoci che fu proprio una persistente politica monetaria espansiva una delle cause principali per lo scoppio della bolla finaziaria-immobiliare del 2008, che poi a portato a tutto questo pasticcio, non ancora arginato. Wall Street dovrà pure ringraziare lo zio Ben per i facili guadagni ottenuti grazie alla sua politica, ma si deve curare da una lungimiranza messa in discussione dai fatti già successi dall'ultimo quinquennio. Senza dimenticare che l'espansione monetaria non fa parte della categoria di politiche di crescita economica “sane”.