martedì 18 gennaio 2011

La democrazia se la conquistino loro, gli Afghani

In queste giornate con l'attenzione mediatica completamente incentrata sulle vicende personali del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, attraverso il blog vorrei togliere un po' l'attenzione su quei fatti, su cui la magistratura farà il suo corso. Tutti sembrano essersi dimenticati di un fatto molto più importante, molto più grave. E' morto un altro alpino italiano, Luca Sanna, in un avamposto nella zona di Bala Murghab, ucciso da un terrorista vestito da militare afghano, oltre ad un altro militare ferito. Ormai ne succedono di tutti i colori, i morti e i feriti sono quasi all'ordine del giorno. E la domanda risorge, ogni volta, crudelmente, sempre spontanea. E' giusto mantenere la nostra presenza in Afghanistan? Cosa possiamo fare per fermare le violenze? Nulla. Nulla. Non possiamo fare niente. Se non quello di ritirarci. Queste giovani vite valgono la libertà e la democrazia in Afghanistan? Probabilmente no. Spendiamo troppi, troppi, troppi soldi per mantenere il nostro contingente: potremo utilizzarlo per ridurre il nostro debito pubblico. Non voglio cadere nel solito luogo comune, ma, almeno per me, è dura continuare a sopportare giovani vite italiane spezzate per la libertà altrui. E' ormai dieci anni che siamo in Afghanistan, le cose non sono cambiate più di tanto, anzi sembra che stiano peggiorando. Quel popolo è stato aiutato fin troppo. Arrivato fino a questo punto, io farei come Pilato. Me ne laverei le mani. La nostra pazienza ha un limite.

sabato 15 gennaio 2011

Ora Marchionne deve spendere

Il testa a testa della lunga notte torinese all'interno dello stabilimento Fiat di Mirafiori non se lo aspettava forse nessuno. A parte la Fiom e una parte di coloro che possiamo definire "a sinistra", tutti, ma proprio tutti, si aspettavano un plebiscito. Bisogna essere onesti. Le ragioni del sì hanno vinto grazie agli impiegati, mentre la fabbrica, i bassifondi, in sostanza dove si suda, si è divisa, spaccata a metà. Il 45% dei dipendenti con questo voto dichiara che avrebbe preferito rimanere disoccupato che lavorare a quelle condizioni. O forse si aspettava che Marchionne ritrattasse. L' ad di Fiat non ritratta, signori. Non perchè voglia fare il padrone nemico e odiato dai lavoratori. Semplicemente la nostra industria deve tornare a pedalare, poichè in troppi anni abbiamo perso in competitività. Bisogna far capire che anche qui, in Italia, ci sono importanti possibilità per investire. Si deve far capire ai grande gruppi italiani, europei e mondiali, che anche il nostro paese può essere un opportunità; dobbiamo capovolgere nuovamente l'ago della bussola verso la nostra parte, distogliendola dai paesi come Cina e India. In Italia si può produrre. Ora Marchione deve tirare fuori il miliardo per ripartire.

giovedì 13 gennaio 2011

Fiat: quando un azienda divide tutti

Ha diviso tutti, ma proprio tutti. Il futuro della Fiat ha diviso gli operai, le rappresentanze sindacali e i partiti. Addirittura troviamo spaccature all'interno di uno stesso partito, naturalmente quello Democratico, che, in verità, non è mai stato unito fin dalla sua nascita nel 2007. Il conflitto fuori dai cancelli di Mirafiori si è fatto esaltante, al limite dello straripante: operai targati Cgil-Fiom ed altri tesserati Cisl e Uil, pesanti sono stati i contatti a suon di parole. E' chiaro il contrasto fra due modelli di sindacalismo: quello di ispirazione cattolica di Cisl e Uil, che vedono la proprietà come un figura imprenditoriale importante, con cui bisogna trattare per migliorare il lavoro e la produttività. A questo si contrappone quello di stampo socio-comunista massimalista, che invece vede l'imprenditore come un "padrone" e nemico da combattere. Qual è il migliore? Non è possibile affermarlo, certamente entrambe meritano rispetto e attenzione. Vedremo domani sera quale sarà il modello scelto dai lavoratori torinesi. A livello politico, il centrodestra sta naturalmente dalla parte di Marchionne. Eloquenti le parole del premier Silvio Berlusconi, che ha giustificato la perdita degli investimenti Fiat a Mirafiori qualora dovesse prevalere il fronte del no. Il PD e in generale tutto il centrosinistra si trova diviso, con diverse voci; dal catastrofismo del segretario Bersani all'apertura a Marchionne di Renzi e Fassino, fino a Sel, con un Vendola, super fan della Fiom, ma duramente contestato ieri fuori dalla fabbrica, per il suo presunto doppiogiochismo fuori e dentro le fabbriche. Tutte chiacchiere e distintivo. Ma intanto in catena si lavora, e dalle 22 di questa sera si inizia a votare. Domani sera sapremo la volontà dei lavoratori.

martedì 11 gennaio 2011

A Mirafiori ci vuole un si

Andate a raschiare sul fondo del barile del mondo delle imprese e trovatemi un azienda che non sia la Fiat che voglia investire 700 milioni di euro in Italia. La cercherete invano. Certo, andando ad analizzare quello che si chiede ai lavoratori bisogna riflettere sull'accordo: la riduzione delle pause, lo spostamento del pranzo a fine turno, la possibilità di fare straordinari, certo sono sicuramente condizioni a vantaggio dell'azienda e solamente per alcuni apparentemente negativi per i lavoratori. Quest'ultimi infatti potranno scegliere se fare straordinari o no, potranno decidere se lavorare di più o no: chi lavorerà di più e chi lavorerà di notte sarà pagato di più. Il mercato si è voluto, si è ammodernizzato, e l'Italia per anni è rimasta a guardare, mentre in Francia e Germania si ristrutturavano i sistemi di lavoro e gli impianti. E non in Cina, dove è chiaro che i diritti dei lavoratori sono totalmente lesi. L'industria italiana deve ripartire dal recupero della competitività, legando gli aumenti salariali all'aumento della produttività, e lasciando da parte le vecchie ideologie, le quali non hanno giovato la presenza italiana sui mercati internazionali. Se si va contro votando no, l'azienda risponde picche e si perde l'investimento. Se si perde l'investimento Torino perde la Fiat e Mirafiori. Si brucerebbero 12000 posti di lavoro nel comprensorio di Mirafiori più l'indotto, oltre a un pezzo di storia, la storia dell'industria del nostro paese, la storia del fenomeno migratorio interno negli 40-50, la storia della Fiat come icona nazionale simbolo del boom economico del Dopoguerra. L'accordo sa da fare. Assolutamente.

venerdì 7 gennaio 2011

Fino all'ultimo seggio

E' partita l'operazione di Berlusconi: incassare la fiducia di quanti più possibili deputati per mantenere salda la legislatura e di conseguenza ripartire con le riforme. FLI O UDC? Questo è il dilemma che attanaglia il premier..Se cercare di convincere gli ex compagni di partito seguaci di Gianfranco Fini o catturare l'attenzione degli ex alleati di centro. Occhio alla tresca, che si giocherà sui temi etici ed economici. Tanti sono gli sponsor di Pier Ferdinando Casini, da Gasparri a Frattini, fino a Gianni Letta. Occhio però anche alla Lega, che è alla finestra e guarda con attenzione ai giochi di palazzo. Se non porteranno a casa il federalismo il prossimo 23 gennaio, si andrà dritti alle urne. E il federalismo, con l'Udc, non è facile da portare a casa.

lunedì 3 gennaio 2011

COMPLIMENTI A LULA

Complimenti, non c'è che dire. Il governo brasiliano ha deciso di difendere Cesare Battisti, non concedendo all'Italia l'estradizione del ex terrorista delle Brigate Rosse. 4 condanne per quattro omicidi negli anni di Piombo, un mix letale che gli ha regalato l'ergastolo. Un ergastolo un po' strano però. Infatti la pena non sarà scontata in Italia, bensì in Brasile, dove nel 2007 Battisti fu arrestato. Non oso immaginare cosa sta passando per le menti delle famiglie Sabbadin, Santoro, Torreggiani e Campagna. Quattro famiglie colpite dalle BR. 4 padri di famiglia uccisi tutti e quattro mentre lavoravano per portare a casa il pane per le proprie famiglie. Uccisi, perchè ribellatisi chi con la forza e chi non, ai nuclei proletari combattenti. Se queste 4 persone non avranno giustizia, beh dovremo ringraziare il "grande" socialista Lula, il presidente che ha guidato per otto anni il Brasile e che è sempre stato, almeno in Brasile, dalla parte dei lavoratori.

Quanto sei bella Roma quand'è sera...reportage romano 28-29 dicembre

Nei giorni di riposo e di stacco nel periodo natalizio oltre ad alcuni giorni in montagna con gli amici, ho avuto l'occasione di ritornare per la quarta o quinta volta nella città Eterna, Roma. Troppo stupenda. Troppo Vera. Semplicemente Unica. Religiosa, politica, economica, culturale. Ogni aggettivo presente sul dizionario italiano può essere accostabile senza problemi alla città dei Sette Colli. Stazione Termini, questo è il mio primo passo, dopo due ore di viaggio con la Frecciarossa. Simbolo di un Italia che per certi versi va fortissimo. Ore 9 del 28 dicembre. La stazione è affollata, come sempre, come ogni minuto che trascorre veloce nella Capitale. Il tempo di lasciare i bagagli in camera, e pronti via, si parte per il centro. La prima tappa è il Colosseo. Si tocca con mano l'umiltà dei venditori abusivi stabiliti all'ombra dell'Anfiteatro Flavio, mentre sfumano nell'aria i richiami dei Centurioni, in attesa di qualche turista e di qualche foto per alcune decine di euro. 30-40 euro circa, non pochi; ma sotto sotto è lì che si sente la vera romanità. In cielo il sole è alto e quasi riesce a riscaldare la giornata invernale romana. Pochi minuti dopo arriviamo al Circo Massimo. Imponente. Un'emozione calpestare la terra dove correvano le bighe 2000 anni fa. L'unica pecca  alcuni lavori di manutenzione che oscurano parte del tracciato. Ma va bene così. Ritornando e scendendo dopo vicino a una piccola chiesa Ortodossa, ritorniamo verso i Fori Imperiali, il punto nevralgico di Roma. A rivederli e a rivederli, mi lasciano ogni volta che li vedo sempre senza parole. E' come essere catapultato di migliaia di anni indietro. Poco dopo saliamo le scale che portano in Campidoglio, le foto all' Altare che sento come mio, l'Altare della Patria, di tutti gli italiani. Un punto fermo dove sventola in alto il nostro tricolore. L'omaggio al Milite Ignoto è sempre qualcosa di toccante, quest'anno ancor di più. Il 2011, l'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia. All'interno dell'Altare c'è il museo-omaggio al tricolare. E' d'obbligo fermarsi a guardare la bandiera, per cui tanti italiani hanno versato lacrime, dolore e sangue. Tutto d'un fiato ripartiamo e Via Del Corso è sempre lì, maestosa, come qualsiasi cosa presente nella Capitale. Pantheon, Senato e Piazza Navona. Tutti tasselli dell'universo romano, indispensabili per rendere il puzzle perfetto. L'ultima, Piazza Navona, pullula di bancarelle; ricche, povere: chiamatele come volete. Migliaia e migliaia di Befane, befanine, dolci, dolcetti, statuine per presepi, che rendono quel tipico scorcio romano ancora più natalizio. Dopo una breve sosta in pizzeria, ripartiamo per la zona Rossa, dove batte il cuore della politica Italiana. La Camera e pochi passi più in là Palazzo Chigi. Ogni volta che vedo Piazza Colonna al telegiornale, sogno ad occhi aperti se magari un giorno potrò anch'io essere lì, con una troupe di giornalisti lì, per seguire la nostra politica. Ancora presto, si vedrà. Dopo la Fontana di Trevi, troppo affollata, saliamo al Colle. Il Quirinale. Simbolo della nostra Italia. La nostra Repubblica risiede lì. Ho avuto anche il privilegio di essere lì fuori in quei giorni di preparativi per il discorso di fine anno del Presidente Napolitano. Finisce il primo giorno. Ne abbiamo viste di meraviglie. Al secondo giorno dedico solo qualche riga. Semplicemente perchè si è visto solo shopping delle donne (mamma e sorella). Per fortuna è rimasto un po' di tempo per degustare da fuori qualche redazione romana importante, come La Stampa e il Messaggero. Con la speranza di poter entrare un giorno e poter lavorare lì.