mercoledì 14 marzo 2012

Precari e flessibili

E' notizia di pochi giorni fa che la maggiori case automobilistiche tedesche assegneranno ai propri dipendenti succosi premi di produzione per l'anno record 2011. Tutti marchi che fanno capo al gruppo Wolkswagen. La casa madre di Wolfsburg girerà ai propri dipendenti un premio da 7500 euro; l'Audi, il marchio di fascia più alta, pagherà un bonus di 8251 euro, mentre per i lavoratori della Porschè la cifra sarà di 7600. Vanno bene lo cose anche per l'altro grande gruppo tedesco, la Daimler, che produce Mercedes e Smart, distribuirà premi per 4100 euro a testa. Questo è il quadro, e per una volta si può tirare un sospiro di sollievo, sapendo che i premi saranno pagati a impiegati e operai, e non ai grandi banchieri del modello Wall Street. Ora bisogna fare una riflessione. Perchè in Germania si e in Italia no? In Germania le macchine prodotte saranno forse migliori, migliore sarà anche l'affidabilità, e su questo forse non c'è molto da dire. E' necessario focalizzare l'attenzione sul metodo di lavoro, togliendola un po' al settore automobilistico. Partendo da un discorso generale, è la produttività e l'efficienza che portano ai risultati tedeschi. La Germania ha in proporzione, più o meno, i nostri stessi precari che lavorano con contratto a tempo determinato. In Italia la chiamiamo precarietà, mentre in Germania è vista come flessibilità. La chiamano così perchè vi è una rete di protezione sociale, c'è la possibilità di rientro immediato nel mercato del lavoro e soprattutto le buste paghe sono più robuste. L’Italia è a un punto di svolta: entro la prossima settimana si dovrebbe chiudere il tavolo sulla riforma del lavoro fra governo, sindacati e Confindustria. Saranno pure i padroncini dell’Europa fieri di loro, ma per una volta prendiamo come esempio i tedeschi. La priorità è aumentare lo stipendio ai precari, lasciandoli anche precari se necessario anche per un tot di mesi, ma garantendogli una rete di protezione nel caso di crisi aziendale. E’ uno dei pochi modo per trasformare gradualmente la precarietà in flessibilità, condizione necessaria per far tornare gli stranieri a investire nel BelPaese.