tag:blogger.com,1999:blog-86797699777077421612024-03-05T15:09:25.307-08:00ECOPOL Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.comBlogger61125tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-53548511808488088532014-12-04T12:23:00.002-08:002014-12-04T12:23:58.226-08:00Il vino italiano punti sui Bric per crescere <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjI1vo_5rftewPmQd9WXQw-FsfUzTVKWdzL95fPAgOXdo_Kh1dWbU447gY0-0q0YPoXyWBQQYBYikwmY7seZxiLATQKDr5WnKMkTriaw-MtYUxARcINwCYPSrqIAeC3iRfkNtI3T4lk3w_6/s1600/foto+vino.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjI1vo_5rftewPmQd9WXQw-FsfUzTVKWdzL95fPAgOXdo_Kh1dWbU447gY0-0q0YPoXyWBQQYBYikwmY7seZxiLATQKDr5WnKMkTriaw-MtYUxARcINwCYPSrqIAeC3iRfkNtI3T4lk3w_6/s1600/foto+vino.jpg" height="204" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">foto presa dal sito "www.italianelbicchiere.it"</td></tr>
</tbody></table>
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
Dire
che il vino italiano sia un'eccellenza del nostro Made in Italy è
come scoprire l'acqua calda. Dire però che il nostro vino deve
diventare la punta di diamante del nostro export è una constatazione
e un percorso da perseguire al meglio. Questo perchè con i suoi 5
miliardi di euro, il valore dell'export italiano di vino nel 2013 si
consolida sempre di più e contribuisce sempre di più al fatturato
delle aziende. Molte di esse hanno partecipato al “Wine2Wine”
della Fiera di Verona, una due giorni conclusasi oggi focalizzato sul
futuro dei mercati del vino e sull'opportunità per le nostre aziende
all'estero. La crescita dell'export è la condizione necessaria per
la vitalità del settore. Se infatti guardiamo al mercato interno,
possiamo facilmente notare come questo si sia eroso negli anni.
Secondo i dati di Wine Monitor, dal 2003 ad oggi il consumo di vino
in Italia si è ridotto del 30%, in contrapposizione a una
tendenziale crescita mondiale dei consumi. Se nel 1976 consumavamo
100 litri procapite annui, già nel 1986 questa quota era passato a
quasi 70, per poi ridursi vent'anni dopo a 44 litri. Ancora peggiore
il dato rilevato nel 2013, con 35 litri di vino procapite. In pratica
in meno di quarant'anni gli italiani hanno ridotto i propri consumi
di vino di circa un 65%. Ed ecco la necessità di guardare
all'estero, ormai sempre di più. Fra i più apprezzati, per la
categoria spumanti, è il Prosecco, che nel 2013 ha addirittura
battuto per vendite lo Champagne, e tira così la volata dell'export
italiano. Particolarmente apprezzati anche il Chianti, il Brunello e
il Pinot Grigio negli Stati Unit, mentre in Russia, oltre al Chianti,
vanno forte il Barolo e il Moscato d'Asti. Altri mercati fondamentali
per noi sono la Germania e la Gran Bretagna, oltre a Canada e
Giappone. Focalizzando però l'attenzione a livello strategico,
l'Italia deve provare a sfondare su mercati già raggiunti ma ancora
ben poco esplorati. Potenziarsi il più possibile in Russia, sfondare
in Cina, provarci in Brasile e iniziare ad esplorare l'India. In
poche parole, guardare ai Bric. Crescita della popolazione, crescita
dell'economia, crescita dei redditi. Queste le tre condizioni che
hanno caratterizzato questi quattro grandi paesi negli ultimi 15-20
anni, rendendoli i grandi protagonisti della globalizzazione. Quella
globalizzazione che, in termini di posti di lavoro, investimenti e di
centralità dei ruoli, ci ha tolto ben più di qualcosa, togliendo
però dalla povertà tante persone nei paesi in via di sviluppo. Ora
la stessa globalizzazione forse ci vuole restituire qualcosa. Per
popolazione, consumi e trend le opportunità che offrono i Bric, al
netto di tutti gli aspetti negativi, sono incredibili. E' vero che,
come detto, le complicazioni ci sono. Per affrontare bisogna essere
più strutturati, le aziende italiane devono puntare su aggregazioni
e investimenti in logistica e promozione dei prodotti. Non è
possibile avere venti promozioni diversi perchè ogni Regione
italiana guarda per sé. Per sfondare in mercati così grandi è
necessaria che la politica di promozione sia nazionale e che siano
tutte le aziende, in sinergia con il Ministero dell'Agricoltura, a
promuovere i propri vini di eccellenza. Non è un lavoro semplice, ma
ne va del futuro di un settore che rappresenta una delle punte della
qualità dei beni di consumo italiani. </div>
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-69281674537697299922014-11-03T13:19:00.002-08:002014-11-03T13:19:42.495-08:00Export agroalimentare, chiave del rilancio dell'economia italiana <div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjp4_IuvI9qkyQh_AFhjmgLpMu3pkrvnn2gXK8F74VYHbTh7btuWfrBF3nd41e0UShCJ-rOGPBDqLFcsQxcRqjTJvbxObxKVP_oW2iPLaYwXs4qn86jxTip9Ghc2juvJgSwMOZmp8OrHw7J/s1600/vigneto.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjp4_IuvI9qkyQh_AFhjmgLpMu3pkrvnn2gXK8F74VYHbTh7btuWfrBF3nd41e0UShCJ-rOGPBDqLFcsQxcRqjTJvbxObxKVP_oW2iPLaYwXs4qn86jxTip9Ghc2juvJgSwMOZmp8OrHw7J/s1600/vigneto.jpg" height="265" width="400" /></a>Il calcolo è molto semplice da fare.
Siamo 7 miliardi di persone nel 2014, saremo 9 miliardi nel 2050 se
saranno confermati i trend di crescita demografica. Per far fronte a
questo importante aumento, l'agricoltura dovrà praticamente
raddoppiare la sua produttività in termini di produzione. Una
missione complicata, un obiettivo arduo, ma ambizioso. Il settore
dell'agroalimentare, del food e di tutto l'indotto che gira attorno
a esso sarà una delle chiavi dell'economia del futuro, e l'Italia
non può permettersi di perdere le ghiotte occasioni che il settore
può offrire di qui in futuro. Appuntamento fondamentale per il
nostro paese sarà l'Expo di Milano del prossimo anno, vetrina
fondamentale per il Made in Italy nel mondo. Un marchio da sfruttare
al massimo. Stando ai dati di Federalimentare, il Food italiano
esporta ogni anno 26 miliardi di euro. I principali mercati di sbocco
per il nostro agroalimentare sono europei, con la Germania al primo
posto, la Francia come secondo mercato di sbocco e l'Inghilterra al
quarto posto. Sono piazze importanti da conservare e da accrescere,
perchè tradizionalmente forti e rappresentanti di una rete di
sbocchi sicuri. Ma c'è tutto un altro mondo da scoprire e da
“annientare” a livello commerciale. La Cina è ovviamente il
mercato più caldo. Nei prossimi anni l'export alimentare italiano
oltre La Grande Muraglia potrebbe crescere intorno a un 11% annuo. Se
pensiamo che l'import cinese di food è di 93 miliardi di dollari, le
opportunità su questo lato sono giganti. Di recente sviluppo il
mercato arabo degli Emirati, con l'Italia presente per circa un
valore di oltre 120 milioni di euro. Qui le possibilità di export
per le nostre aziende sono veramente lungimiranti: solo gli Emirati
Arabi nel 2015 spenderanno in import alimentare oltre 5 miliardi di
dollari, mentre tutto il gruppo di paesi relativa all'area del Golfo.
importeranno prodotti alimentari esteri per oltre 50 miliardi di
dollari nei prossimi anni. Dobbiamo investire in marketing
agroalimentare per sfondare ancora di più in questi paesi. Rimane
forte il mercato americano, terzo mercato a livello mondiale per
l'export alimentare italiano, così come nondimeno il Giappone rimane
uno sbocco di rilievo . E poi, i mercati emergenti, insieme a quello
cinese. Russia, Brasile e Corea del Sud. Vino per i primi due, kiwi
per il terzo. E chi ne ha più ne metta. Aumentare l'export significa
dover produrre di più, e più produzione implica anche più
occupazione. L'export agroalimentare è una delle chiavi di volta del
rilancio dell'economia italiana.</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-9296780681162577562014-03-13T06:29:00.002-07:002014-03-13T06:29:59.882-07:00Forse è #laSvoltabuona<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnxtYV3_pvimjvZratn4ZUGwmfCf7Y6ttlC4j8S1UbYY-tFvrZ1yb2dcMfvqrH5zw8Bb2PcfasQ1fz3bx8xIUkgQUGHWcPRxFpyfTb0L-3KJ9sFHwDaTEbDW3qymyY0oCGZRi713Ykxy4K/s1600/svolta+buona+renzi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhnxtYV3_pvimjvZratn4ZUGwmfCf7Y6ttlC4j8S1UbYY-tFvrZ1yb2dcMfvqrH5zw8Bb2PcfasQ1fz3bx8xIUkgQUGHWcPRxFpyfTb0L-3KJ9sFHwDaTEbDW3qymyY0oCGZRi713Ykxy4K/s1600/svolta+buona+renzi.jpg" height="198" width="320" /></a>Il
progetto è sulla carta, decreti legislativi e attuativi non sono
ancora stati predisposti, ma a mio avviso l'inizio convince. Convince
fin dall'inizio, fin dall'arrivo del presidente del consiglio Matteo
Renzi in conferenza stampa, con 32 slides a portata di mano per
illustrare punto per punto il piano del governo. Un'idea innovativa,
diretta e efficace, smart (termine un po' abusato). Legittimi sono
alcuni nodi da sciogliere per quanto riguarda le coperture, secondo
me punto fondamentale per far partire la discussione. 7 sono i
miliardi dalla spending review secondo Renzi, 3 invece per il 2014 da
parte del commissario Carlo Cottarelli, che ha comunque confermato le
minori uscite anche per il 2015 e il 2016, anni in cui si potrebbero
toccare riduzioni di spesa rispettivamente
di 18 e 34
miliardi. In
che modo? Innanzitutto una
buona stretta su capi di gabinetto, auto blu, e stipendi dei
dirigenti da allinearea al massimo con il compenso del Presidente
della Repubblica, oltre al riordino organizzativo degli uffici di
polizia, i minori trasferimenti alle imprese statali, e addirittura
la soppressione di alcune sedi regionali della Rai (questa da
verificare). Oltre a questo, per i prossimi anni, personalmente
punterei ancora di più sulla riduzione della spesa per acquisti di
beni e servizi delle pubbliche amministrazioni e l'immissione sul
mercato di tutte le aziende partecipate pubbliche in perdite detenute
ora dagli enti locali. Andando invece al sodo dei provvedimenti
economici, essenziale è il progetto di aumentare le buste paga dei
lavoratori dipendenti sotto i 25mila euro con circa 1000 euro netti
all'anno. Costo 10 miliardi
di euro. Qualcuno ha detto
che sono una carità. Assolutamente falso.
Mille euro netti all'anno in più equivale a dire una seconda
tredicesima, non male per provare a rilanciare i consumi. Fare questo
vuol dire aiutare indirettamente le imprese, che potrebbero vedersi
aumentata anche solo di una leggera frazione la domanda interna.
Ottima è poi tutto il pacchetto di novità sui contratti a tempo
determinato e sull'apprendistato. Viene infatti elevato a 36 mesi il
contratto a tempo determinato e l'eliminazione della pausa di dieci
giorni tra un contratto a termine e l'altro. Eliminati poi alcuni
vincoli sull'apprendistato in favore delle imprese, da
controbilanciare con il futuro progetto del contratto unico di
inserimento con tutele progressive. Sempre per il mondo dell'impresa,
un taglio dell'Irap del 10% da finanziare con l'aumento della
tassazione sulle rendite finanziarie può innescare il circolo
virtuoso su chi ha voglia di fare impresa, puntando magari su nuove
start up e progetti industriali più che investire esclusivamente a
livello finanziario. Lo trovo un passaggio importante di maggiore
equità. Ovviamente
l'impatto in medio-lungo periodo potrebbe essere negativo sul fronte
della raccolta di capitali, ma se si innesca positività dal punto di
vista della minore tassazione dei profitti questo può risultare solo
un problema marginale.
Passando invece al rilancio dell'edilizia, trovo decisamente
lungimirante il nuovo cambio
di passo sull'edilizia scolastica con 3,5 miliardi di euro sbloccati,
in grado di rimettere in sesto le scuole più disastrate e ridare
lavoro ai costruttori. E pure il piano casa va in questa direzione.
Merita invece più cautela lo sblocco del pagamento dei debiti delle
PA verso le imprese. 68 miliardi da pagare entro luglio, come ha
annunciato Renzi, sono una cifra enorme, se guardiamo alla lentezza
burocratica del nostro sistema pubblico. Su questo punto conterà
molto l'efficacia dell'accordo con le banche e la Cassa Depositi
Prestiti. L'efficacia del provvedimento sarebbe straordinaria per le
casse delle imprese, il compito più difficile per Renzi è quello di
riuscire a superare anni di lungaggini e tempistiche infinite.
Aspettiamo ora di vedere il piano del governo a forza di decreti in
Parlamento. Se si riuscirà ad approvare, unitamente alla nuova legge
elettorale già approvata alla Camera e alla più complicata
approvazione dell'abolizione dell'attuale Senato, potrà essere
veramente la Svolta Buona.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-57614231648272305622013-10-29T15:16:00.001-07:002013-10-29T15:20:19.069-07:00La Stazione della Speranza<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkspKRUq6my3de0xOASdBkBgzqyxRsvb9VDFte_rpBjwHxzOsOFxOwRoYc_sjJSVyqScTYYofWJCNiq9eqx0aoj2O3AyYjY5cZJ54tb5BRr5-Fs8j8fndyNNBIp99xw_rHUx1WIKGeL66z/s1600/matteo+renzi.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="166" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgkspKRUq6my3de0xOASdBkBgzqyxRsvb9VDFte_rpBjwHxzOsOFxOwRoYc_sjJSVyqScTYYofWJCNiq9eqx0aoj2O3AyYjY5cZJ54tb5BRr5-Fs8j8fndyNNBIp99xw_rHUx1WIKGeL66z/s320/matteo+renzi.jpg" width="320" /></a>Si
apre di prima mattina “Postcards” di James Blunt e si chiude,
dopo l'intervento di Matteo Renzi, con “Ti porto via con me” di
Jovanotti. Giovane, entusiasmante, smart. L'ho visto così, come da
sempre, lo spazio attorno a Matteo Renzi. La Leopolda dei sorrisi,
delle strette di mano, delle pacche sulle spalle. Perchè, in primis,
la rassegna fiorentina del sindaco più amato d'Italia è stata luogo
di buona politica e di idee per il futuro. Ma è stata l'occasione,
per tutti, per rivedersi, chi dopo una settimana, chi dopo un mese,
chi addirittura dopo un anno, riabbracciarsi, guardarsi negli occhi,
e dire “Si, questo paese con te, con voi, si può cambiare”. E'
stata la Leopolda della speranza perchè vedere così tanti giovani,
da giovane, in un luogo dedicato alla politica, non mi era mai
capitato, questo perchè era solo la prima volta che partecipavo alla
convention di Renzi. Tutti i temi affrontati, dal mercato del lavoro
all'agricoltura, dalla cultura alla scuola, fino all'idea di Stato e
di Europa che ci vogliamo dare, racchiudono le speranze degli oltre quindicimila di Firenze, e rispondono ai critici che accusano Renzi di
essere vuoto e non avere contenuti. Io, in verità, oltre agli
argomenti e proposte programmatiche serie, ho visto anche personalità
importanti e di grande
competenza. Mi piacerebbe citarli dal primo all'ultimo, ma nelle
righe lo spazio stringe e allora proprio perchè devo da Cosimo
Pacciani a Davide Serra, da Oscar Farinetti a Graziano Del Rio,
dall'umile imprenditrice agricola “che si sporca le mani” a
Brunello Cucinelli, re del cashmere ed esempio dell'imprenditore
sociale, attento ai bisogni dei propri lavoratori. E
poi arriva Matteo Renzi, che guarda più al paese che al partito. E
fa bene. Perchè la segreteria del Pd non è un fine, è un mezzo,
per riformare il partito, dandogli una visione più aperta, smart,
americana, per poi vincere le elezioni. E allora giocati questa
partita, Matteo. Anzi, giochiamocela.</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-80026125015295142592013-08-13T07:28:00.003-07:002013-08-13T07:28:38.520-07:00Argentina sempre a rischio default. Quando le politiche monetarie espansive drogano l'economia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4CbYDEGib2_Cd3bsnjUWuCCO-61Nb-5pEPRXs5EIPbhhXMpkWfjAckf92Hme8QhRmZvr8Wto9GHYeaWQzsNCroxhZG94qPsKqz8awY4_a34YzJUvwQKHxsHpHxfF7-pw_PuxQ2mxnuWsL/s1600/cristina+fernandez.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj4CbYDEGib2_Cd3bsnjUWuCCO-61Nb-5pEPRXs5EIPbhhXMpkWfjAckf92Hme8QhRmZvr8Wto9GHYeaWQzsNCroxhZG94qPsKqz8awY4_a34YzJUvwQKHxsHpHxfF7-pw_PuxQ2mxnuWsL/s1600/cristina+fernandez.jpg" /></a></div>
<div class="western" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Risfogliando
alcune letture di sabato sul Sole 24 Ore, ho cercato di capire e
analizzare più a fondo un bellissimo articolo a firma di Mauro Del
Corno sulla situazione dell'Argentina, che ormai da un biennio rimane
appesa a un filo con un quotidiano rischio default. Gli argentini ai
default ormai ci sono abituati, si fa per dire, dal momento che ne
hanno collezionati sette nella propria storia, l'ultimo quello del
2001, con un micidiale crack sul debito estero e un enorme <i>bank
run </i><span style="font-style: normal;">che mise in ginocchio
l'economia nazionale. Il paese ne è poi uscito apparentemente molto
bene, con tassi di crescita di 8-9 punti percentuali, </span><span style="font-style: normal;">con
una breve stop nel 2009 e poi una ripresa fino al 2011, quando è
tornato un forte rallentamento. Il problema però è alla base.
L'economia argentina non ha solide fondamenta, e a questo si aggiunge
la scarsa lungimiranza della politica nazionale negli anni della
ripresa. Il governo guidato da Cristina Fernandez de Kirchner, mentre
l'economia galoppava, ha iniettato nel sistema politiche monetarie e
fiscali espansive. Allentamento dei vincoli per i prestiti da parte
delle banche commerciali, sussidi al settore privato, Banca Centrale
sempre più forzata a stampare liquidità. Queste le linee guida del
governo argentino, che hanno drogato in maniera quasi irreversile il
sistema economico. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti:
inflazione a quota 25% circa, con seguente perdita di valore
dell'export per via della crescita dei prezzi e una consistente e
perdurante erosione di riserve di dollari. I problemi dell'economia
reale si traducono anche a livello finanziario. I credit default swap
argentini hanno toccato quota 2358 punti base, raddoppiando il
proprio valore e doppiando pure quelli greci. Gli investitori sono
avvisati. Un altro esempio, dei tanti, che indica la forte
instabilità portata da politiche monetarie espansive. </span>
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-74726372307940464482013-08-08T06:29:00.002-07:002013-08-08T06:29:47.036-07:00Bank of England segue Bernanke e Abe, ma attenzione alla crescita facile <div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinIX8xZ_yRk8cUX211qHDg0N3O0CwTfAVVwYUdmPMK7eS-mKqNSfDLktOAiaPal53c5XWfnIFLnskKH5KsU0bFI8Ru7m6HuxqYGluwYG-xCPBqucFte_O32-Fckh0yUDOWZIxI0TY23lEY/s1600/mark+carney.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="199" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinIX8xZ_yRk8cUX211qHDg0N3O0CwTfAVVwYUdmPMK7eS-mKqNSfDLktOAiaPal53c5XWfnIFLnskKH5KsU0bFI8Ru7m6HuxqYGluwYG-xCPBqucFte_O32-Fckh0yUDOWZIxI0TY23lEY/s320/mark+carney.jpg" width="320" /></a>Dagli Stati Uniti al
Giappone, fino all'Inghilterra. L'amore per una politica monetaria
espansiva sembra aver contagiato proprio tutti. Perchè dopo le
pompate di liquidità del premier giapponese Shinzo Abe e quelle del
presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, ora ci si è messa,
ormai da un pezzo, anche la madre patria inglese. L'annuncio di
questa prosecuzione di tale politica monetaria è arrivato proprio
ieri dal numero uno della Banca d'Inghilterra Mark Carney. Si
manterrà una forte propensione all'espansione di liquidità fino a
quando il tasso di disoccupazione nazionale non scenderà sotto la
fatidica soglia del 7%. Un obiettivo che probabilmente sarà
raggiunto solo nel 2016, grazie a un costo del denaro pari allo 0,5%,
il minimo storico tenuto dalla Bank of England. In quasi tre anni da
qui al 2016 tutto può succedere, come una leggera revisione della
politica, nel caso in cui si verificassero condizioni inattese come
un'inflazione superiore al 2% o instabilità finanziaria a causa di
tassi d'interesse troppo bassi. Anche oltre Oceano non se la passano
male. Ben Bernanke sta continuando a portare avanti una forte
propensione alla liquidità, che non si fermerà fino a quando non
saranno raggiunti gli obiettivi di disoccupazione e inflazione. C'è
poi il Giappone, grande trascinatore sul versante di creazione di
moneta, con l'Abenomics messo in campo del primo ministro Shinzo Abe.
E intanto le borse, a parte qualche svarione, ringraziano. Un
esempio, su tutti, Wall Street. Nel 2013, fino ad ora, la borsa
americana ha guadagnato il 19%, oltre 1700 punti. Ora però la
riflessione si fa più complessa. Ha senso mantenere tassi
d'interesse al minimo per mesi e mesi? Lo so, sono abbastanza
ripetitivo, ma ricordiamoci che fu proprio una persistente politica
monetaria espansiva una delle cause principali per lo scoppio della
bolla finaziaria-immobiliare del 2008, che poi a portato a tutto
questo pasticcio, non ancora arginato. Wall Street dovrà pure
ringraziare lo zio Ben per i facili guadagni ottenuti grazie alla sua
politica, ma si deve curare da una lungimiranza messa in discussione
dai fatti già successi dall'ultimo quinquennio. Senza dimenticare
che l'espansione monetaria non fa parte della categoria di politiche
di crescita economica “sane”.
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-3821286235126134742013-06-11T09:40:00.002-07:002013-06-11T09:40:46.323-07:00Abenomics: la causa per una Borsa drogata
<div class="western" style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieb2DyhKPKrl0rs8S8u12JLdh7lFDxpa42sAbPRydqDMjGPAEW2kIu29maD50rno1sONbJFhXnr5mq5MHgEc1f3SmQyH_FObmIWa9evyG0h7yCDzolBlI827zJTTUcJqI6xjsRzODaCkJ4/s1600/shinzo+abe.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEieb2DyhKPKrl0rs8S8u12JLdh7lFDxpa42sAbPRydqDMjGPAEW2kIu29maD50rno1sONbJFhXnr5mq5MHgEc1f3SmQyH_FObmIWa9evyG0h7yCDzolBlI827zJTTUcJqI6xjsRzODaCkJ4/s320/shinzo+abe.jpg" width="246" /></a>Il Nikkei di Tokio sta
recuperando, ma nelle ultime settimane l'indice giapponese se l'è
vista brutta. Continui tonfi borsistici, con forti perdite che hanno
ridotto i grandi guadagni degli ultimi mesi. Sembra che l'Abenomics
non sia più in grado di garantire quella sicurezza che fino a poche
settimane fa aveva monopolizzato il pensiero e le politiche
economiche giapponesi. La politica monetaria fortemente espansiva da
parte del neo premier Shinzo Abe, costituita principalmente da una
forte svalutazione dello yen, ha nel suo obiettivo primario la lotta
alla deflazione, con il raggiungimento di un livello d'inflazione del
2%. Una politica economica forse più appartenente a Krugman che alla
tradizione keynesiana, quest'ultima più concentrata sulla spesa
pubblica che sulla leva monetaria. Questa posizione, tenuta almeno
inizialmente anche negli Stati Uniti, dal numero uno della Federal
Reserve Ben Bernanke, sta lentamente declinando. E' vero, Bernanke
continua a pompare liquidità nel circuito finanziario statunitense,
ma alle prime parole del presidente della Fed su un possibile
ridimensionamento, almeno in terra americana, di tale politica, le
Borse sono andate a picco. L'effetto di questa politica monetaria,
nel breve periodo, fa certamente respirare i mercati finanziari,
dando anche grande impulso a consumi ed export. Detto questo,
l'Abenomics non può essere una condizione continuativa. Bisogna
infatti ricordare un particolare. Una Borsa drogata con utili e
facili guadagni è pericolosa tanto quanto un indice di Borsa ferma o
addirittura in perdita. La crescita in termini borsistici, per essere
sana, deve essere accompagnata da un aumento esponenziale del valore
dei prodotti e del Pil reale. Insomma, la borsa deve andare di pari
passo con l'economia reale. Altrimenti succede come nel 1929 e nel
2008 dove espansioni a livello monetario ed enormi guadagni tendono a
creare troppa euforia, che si traduce poi in bolle speculative,
difficilmente controllabile. Mario Draghi, proprio poche ore fa, ha
ricordato la necessità di intraprendere la strada di forti riforme
economiche, che vadano a intaccare le debolezze strutturali della
nostra economia, “sulla base delle misure che prese la Germania nel
2003”. Libertà d'impresa, liberalizzazioni, riforma del mercato
del lavoro e riforma delle pensioni. Due di queste le abbiamo già
approvate, ora però bisogna riformare fisco e burocrazia per le
imprese.
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-59916440199272543812013-04-30T00:51:00.002-07:002013-04-30T00:59:32.456-07:00Letta ai nastri di partenza, mercati fiduciosi<!--[if gte mso 9]><xml>
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dell'asta dei titoli di Stato, entrambi nella giornata di ieri, hanno iniettato
una buona dose di fiducia ai mercati. Milano regina d'Europa alla chiusura di
ieri pomeriggio, con un +2,2% molto positivo, dovuto anche all'ottima
collocazione dei titoli di Stato: il Tesoro ha piazzato tre miliardi di Btp a 5
anni con un rendimento annuo del 2,85%, in diminuzione rispetto al 3,65% della
scorsa asta, e altrettanti miliardi sui 10 anni, con un tasso del 3,94%, anche
questo inferiore all'asta precedente che aveva registrato un rendimento del
4,66%. La domanda ha toccato però la quota di oltre otto miliardi, per questo
c'è grande fiducia anche per le aste prossime. Notizie positive anche dallo
spread, che è sceso a quota 275 rispetto ai 282 punti base di venerdì.
L'euforismo sui mercati finanziari è certamente anche il prodotto del nuovo
governo presieduto da Enrico Letta, che proprio in serata ha ottenuto il voto
di fiducia alla Camera in larga maggioranza e l'opposizione unica di Movimento
5 Stelle, Sel e Fratelli d'Italia, e con il voto al Senato in programma per
oggi. Di buon auspicio anche le parole del neo presidente del consiglio Letta
nel suo discorso di presentazione a Montecitorio, anche se certamente il
programma appare molto ambizioso. Si va da una netta riforma della politica,
con l'abolizione delle province, il taglio dei costi centrali<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>e l'abolizione del finanziamento pubblico,
fino ad arrivare a misure espansive come lo stop dell'Imu sulla prima casa a
giugno e la revisione dell'Iva, oltre alla risoluzione del problema degli
esodati. Un altro e, a mio avviso fondamentale obiettivo proposto da Letta è la
rivisitazione della legge Fornero sul mercato del lavoro. C'è bisogno di lavoro,
anche con contratti a termine. L'idea è quella di favorire una forte
flessibilità in entrata, non disincentivando in toto i contratti a tempo
determinato, in modo da favorire le imprese nel breve periodo. Sul medio-lungo
si cercherà di stabilizzare maggiormente i rapporti di lavoro, con incentivi
all'assunzione di giovani e di neolaureati. Snellimento della burocrazia e
investimenti nell'edilizia scolastica gli ultimi due punti di un programma
ambizioso. L'unico neo è la non indicazione sulla copertura finanziaria per le
misure immediate di politica economica. L'indicazione, dalla nostra parte, è
sempre quella: tagli alla spesa pubblica improduttiva, vendita delle quote
nelle aziende partecipate utilizzate solo come poltronificio per i politici
locali trombati, e infine la dismissione del patrimonio pubblico non vincolato.
In 18 mesi, come indicato dal premier Letta, non sarà facile fare tutto.
Anzi,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>le pressioni politiche della
maggioranza saranno l'ago della bilancio per il governo. Se il governo di
responsabilità riuscirà nelle sue intenzioni, allora l'Italia potrà finalmente
uscire dallo stallo politico ed economico. Diversamente, i maggiori partiti
dovranno assumersi la responsabilità di un altro fallimento. </div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-3110623594310970922013-04-19T18:30:00.001-07:002013-04-19T18:30:17.160-07:00Il suicidio del Pd, un nuovo 1998
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2CYEzJZggO3PYUVBRgktcBnuQsJz5s-PWPoCwOnWsShegrLXAmyy4IF6BMHLq8UDyPgFsys8FLB7qMzwr5tqeesX8dKPrrqXJWUIwvp99YfVF37BvZkNQv_ryU8CAOtVEcVIB8TnmFUbv/s1600/bersani+d%27alema.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="250" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2CYEzJZggO3PYUVBRgktcBnuQsJz5s-PWPoCwOnWsShegrLXAmyy4IF6BMHLq8UDyPgFsys8FLB7qMzwr5tqeesX8dKPrrqXJWUIwvp99YfVF37BvZkNQv_ryU8CAOtVEcVIB8TnmFUbv/s400/bersani+d%27alema.jpeg" width="400" /></a>E' iniziata male ed è finita peggio,
con un revival del 1998, dalla gogna di Marini, passando per il
siluramento di Prodi, fino alle dimissioni di Bersani. Tutto è
partito con la scellerata decisione di optare come prima candidatura
al Colle Franco Marini, poi rispedito al mittente, in cambio del
governissimo con il Pdl. Successivamente, si è passati alla fase del
suicidio politico, con 101 franchi tiratori, tutti interni al Pd, che
hanno preferito frantumare un partito già a pezzi dalla batosta di
giovedì, non votando il nome di Romano Prodi. Così si può
riassumere la due giorni nera del Partito Democratico, e della sua
dirigenza. Se per molti analisti e semplici elettori, giovedì è
stata una giornata da dimenticare in fretta, ieri si è parlato di
colpo di grazia per il Pd, chiusasi con le dimissioni da segretario
di Pierluigi Bersani e della presidente del partito Rosy Bindi, che
saranno formalizzate dopo l'elezione per il Quirinale. Non poteva
essere altrimenti. Bersani, in linea con tutta la dirigenza, si è
presa inizialmente la grande responsabilità di candidare Marini,
spaccando già in un primo momento il partito fra i fedeli e
dissidenti, primi fra tutti i renziani, che hanno optato per
Chiamparino. Bocciato Marini, il Pd ha riprovato a tessere la propria
tela convergendo ieri mattina sul padre del centrosinistra, Romano
Prodi, nome acclamato all'unanimità nell'assemblea di ieri mattina e
molto favorevole per Renzi. Al pomeriggio, la Caporetto del
centrosinistra. Dalle urne dello scrutinio segreto i voti per Prodi
sono 101 in meno rispetto alle aspettative, considerando il Pd
compatto. “Uno su quattro di noi ha tradito”, questo il commento
molto diretto di Bersani. La ribattezzata carica dei 101 è tutta
interna al Partito Democratico, e non è difficile intuirne la
provenienza. L'ombra dell'area dalemiana, riscontrata anche nei voti
raccolti dal leader Maximo, si fa sempre più consistente, e la mente
non può non ritornare a quindici anni fa, quando Prodi e
l'esperienza dell'Ulivo furono affossati dall'inciucio che portò poi
D'Alema alla presidenza del consiglio. In quindici anni non è
cambiato niente. Anzi, qualcosa forse si. Ora il Pd è alle macerie,
lo sanno bene anche una parte dei giovani turchi, ed è necessario
ripartire anche sacrificando i propri beniamini di segreteria.
L'ombra di D'Alema come nome per il Colle resta, anche se paiono
molto più favorite due figure di grande profilo come Stefano Rodotà,
sostenuto dai grillini e da alcuni tiratori franchi del
centrosinistra, e Anna Maria Cancellieri, proposta da Scelta Civica,
sulla quale potrebbe convergere i voti di Pdl e Lega. <span style="font-style: normal;">Insomma,
con la maggioranza assoluta alla Camera, e quella relativa al Senato,
il Pd non andrà ad eleggere un presidente presente nella rosa dei
propri candidati. </span><span style="font-style: normal;"><span style="text-decoration: none;">Ennesima
sconfitta per un partito che ora come non mai ha bisogno di
ripartire. A Firenze sono avvisati. </span></span>
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-39669074070937456872013-04-14T14:23:00.001-07:002013-04-14T14:23:32.508-07:00Futuredem, speranza e futuro del Partito Democratico <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifNZeU8rEANasvwUYJHoHhmU0b4h7MvJnC6RSV8K6vfFYRo0YrIzuxrvEsdf5gewgXAoU7pnsoH6Q_UYGvAGcnBvhs5RmL90in4rH58FKgFWF5WYuIug0dxGhcTxt9-em9dfc1iFLpy6wF/s1600/renzi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifNZeU8rEANasvwUYJHoHhmU0b4h7MvJnC6RSV8K6vfFYRo0YrIzuxrvEsdf5gewgXAoU7pnsoH6Q_UYGvAGcnBvhs5RmL90in4rH58FKgFWF5WYuIug0dxGhcTxt9-em9dfc1iFLpy6wF/s320/renzi.jpg" width="320" /></a>Una settimana fa mi è arrivato un tweet di un amico, Mattia, conosciuto nei mesi scorso mentre seguivo a livello giornalistico e personale passione la campagna di Matteo Renzi per le primarie del centrosinistra. Mi invitava a partecipare da cronista al primo incontro nazionale di un nuovo gruppo di giovani appassionati alla politica, chi tesserato, chi simpatizzante del Pd, tutti però con la voglia di cambiare e rivoluzionare un partito fermo. Mi è sembrata una bella idea, e un'opportunità per la mia penna di poter scrivere qualcosa di nuovo da osservatore esterno, su un gruppo attivo, vivace e dinamico. E' il gruppo Futuredem, come l'hashtag che girava e che tuttora si trova su Twitter. L'idea, nata appunto sul social network, ha visto ieri a Firenze la sua benedizione iniziale, con una trentina di giovani provenienti da tutta Italia. Un numero molto esiguo rispetto ai molti più interessati al progetto, che, come già detto, punta a portare una ventata di novità all'interno della base giovanile, fin troppo chiusa, nella quale l'autoreferenzialità dei pochi mette in discussione una forte partecipazione. Tesserati, giovani democratici, simpatizzanti, semplici elettorali. Un'eterogeneità che non si ferma solo alla forma ma pure all'idea su leader e programmi. Non vogliono farsi codificare come Renzi Boys, anche se la componente renziana all'interno del gruppo è molto forte. D'altronde, inutile dirlo, Matteo Renzi incarna probabilmente l'unica vera possibilità di cambiamento per il Pd, visto anche il flop elettorale del partito targato Pierluigi Bersani. Le storie di questi giovani, specialmente liceali, universitari, ma non solo, si intrecciano con quelle dei propri coetanei, sulla quale il nostro paese scommette sempre meno. Da qui, il gruppo Futurdem, per cercare di cambiare le cose. Nel pomeriggio i ragazzi si sono divisi in tre gruppi di lavoro, discutendo su organizzazione, programmi e potenzialità da sviluppare a livello comunicativo. L'obiettivo principale di Futuredem è quello di costituire una vera e propria associazione, più liberal rispetto ai Gd. "I margini per cambiare le cose ci sono - ammettono dal gruppo - però la lotta deve essere interna. La scissione non ha senso, il Pd per vincere deve essere forte e unito, ma con struttura, idee e volti completamente rinnovati". A livello comunicativo, sarà importante per questi ragazzi, una presenza folta nei social network, cercando di coinvolgere il maggiore numero di giovani possibile, anche tramite una summer school di politica pensata per il periodo estivo. Interessanti gli spunti relativi alle piattaforme programmatiche: la parola meritocrazia rievoca quella parola merito, più volte citata da Renzi nella campagna per le primarie. Trasparenza in tutti i settori, dal settore pubblico a quello privato, fino ai contenuti e al linguaggio espressi dalla futura classe dirigente. A livello economico, infine, base per far ripartire il paese è fare di tutto perchè sia incentivato l'ingresso di nuovi talenti e l'imprenditoria giovanile. Facendola breve, questi ragazzi di Futuredem possono probabilmente rappresentare una nuova iniezione di forze fresche per il Partito Democratico del futuro. <br />
<br />Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-24555627749421527772013-03-28T05:39:00.000-07:002013-03-28T05:39:08.526-07:0040 miliardi per i pagamenti, boccata d'ossigeno per le imprese
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzwmBtBBXth6OscEk0xYSz69IMAY6jhpNM2GoPg36pmKXkxV7jyTvP6C-lQtPYhsRHzahEV-7YqBCKEdUiu2lfqWVMOqVghEGpHxQTybUa8O_9W8O5tcdWj_rkEnWKFMnoix_87aNCPDpc/s1600/vittorio+grilli.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhzwmBtBBXth6OscEk0xYSz69IMAY6jhpNM2GoPg36pmKXkxV7jyTvP6C-lQtPYhsRHzahEV-7YqBCKEdUiu2lfqWVMOqVghEGpHxQTybUa8O_9W8O5tcdWj_rkEnWKFMnoix_87aNCPDpc/s320/vittorio+grilli.jpg" width="320" /></a>I rimborsi vanno prima alle imprese e poi alle banche. E' questa
la priorità per il pagamento dei debiti pregressi delle pubbliche
amministrazioni. Ed è quello che ha ripetuto nel corso di queste
ultime ore il ministro dell'Economia Vittorio Grilli. Previsto un
leggero allentamento del patto di stabilità dei comuni, richiesto a
più riprese dagli enti locali, e dall'Anci, con il suo presidente
Graziano Del Rio, sindaco di Reggio Emilia. Lo sblocco della
liquidità sarà di 20 miliardi per il secondo semestre del 2013,
mentre altri venti saranno per l'intero 2014. In tutto quaranta
miliardi, una boccata d'ossigeno importante per le imprese italiane,
che stanno soffocando nella morsa dello Stato debitore/esattore e di
un credit crunch sempre più stringente. L'iniezioni di liquidità
per rimborsare i debiti prevede una maggiore spesa per interessi,
quantificabile in un aumento di 400 milioni del debito, e di una
maggiore spesa per interessi. In cambio c'è senza dubbio una forte
salvaguardia di decine di migliaia di posti di lavoro, e
un'operazione di rafforzamento di molte imprese. Il maggiore debito
comunque non farà sforare la soglia del 3% del deficit, i target
sarebbe comunque raggiunti con unn peggioramento dei conti dello
0,5%. Questo allentamento dei vincoli è certamente frutta
dell'operazione di negoziato intrapreso dal governo corrente in
Europa, che ha dato prova di responsabilità verso un'interpretazione
meno rigida delle norme comunitarie in materia di conti pubblici. Lo
sblocco dei pagamenti è una notizia molto positiva per le nostre
imprese, il quale indice di fiducia nell'ultimo mese, dal 77,6 di
febbraio al 77 di oggi, soprattutto alla tenuta del manifatturiero, a
fronte invece di un trend sempre più negativo di edilizia e
commercio al dettaglio. Bisogna però ricordare che, secondo
Bankitalia, lo stock totale di debiti verso le pubbliche
amministrazioni ammonta a 90 miliardi. Ancora troppi, anche se il
ministro Grilli in futuro non chiude all'ipotesi di nuove tranche di
liquidità per stimolare la domanda interna.
<br />
<br /><br />
<br />
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-47301988888144712992013-02-27T14:41:00.000-08:002013-02-27T14:41:26.526-08:00La rivincita dei mercati sugli elettori<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZjTrCiAaH9Leg9mUz7EZkXUHyh7AjlT1PiMs4lSV6WtkXFpKipsSKHvnU6ZnKUcWMVwsxHLiiRDNrTeMTrlDnifc481kIhuwdKXcNjWEfs6ibGo-YZiLH7ralL97ZAovZ_zD8NpMvh30u/s1600/borsa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="210" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZjTrCiAaH9Leg9mUz7EZkXUHyh7AjlT1PiMs4lSV6WtkXFpKipsSKHvnU6ZnKUcWMVwsxHLiiRDNrTeMTrlDnifc481kIhuwdKXcNjWEfs6ibGo-YZiLH7ralL97ZAovZ_zD8NpMvh30u/s320/borsa.jpg" width="320" /></a>E' bastato l'annuncio di ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi per far tremare i mercati prima di Natale. Vista l'esito delle elezioni di due giorni fa, e l'instabilità prodotta dalle urne, era annunciato un martedì nero in Borsa e sui mercati finanziari. E così è stato. Milano oggi ha riguadagnato qualcosa, oltre l'1%, mentre ieri Piazza Affari ha perso il 4,89%, oltre 17,3 miliardi di capitalizzazione bruciati. Le perdite sono arrivate specialmente dai titoli bancari, pieni di Btp in bilancio, e addirittura è intervenuta la Consob per vietare le vendite allo scoperto su Intesa e Carige. Lo spread ha toccato i 344 punti base, mentre nella giornata di oggi è lievemente calato, a quota 336. La tensione rimane altissima: infatti siamo ben lontani da quei 200 punti di spread che indicherebbero la sicurezza dei conti e sull'elevato debito pubblico italiano nel lungo periodo. Quel traguardo a cui ci si è avvicinati a forza di sacrifici e serietà messa in campo dal governo tecnico, e delapidata dal voto degli italiani, che hanno sonoramente bocciato le politiche di austerità di Monti, votando per la maggioranza Grillo e Berlusconi e la loro avversione all'Europa delle politiche economiche restrittive imposte dalla Germania ai paesi in difficoltà. Chi presta soldi all'Italia, i nostri creditori, ha già presentato un conto che ha il sapore del salato. Sono stati infatti collocati 8,75 miliardi di Bot a 6 mesi a un tasso d'interesse dell'1,24%, in crescita rispetto allo 0,73% del mese scorso. Rendimenti in salita anche per i Btp, oggi all'asta per un massimo di 6,5 miliardi. L'aumento dello spread riduce l'efficienza del sistema Paese, perchè, per intenderci, se vogliamo prendere a prestito, dobbiamo sborsare un interesse maggiore, a scapito degli aiuti di imprese e famiglie. A livello politico per i mercati sarebbe mortale tornare nuovamente alle urne. La soluzione è certamente un governo di salute pubblica, della durata di 7-8 mesi al massimo, che garantisca stabilità, realizzando una nuova riforma elettorale, una legge sulla corruzione e sui costi alla politica e la legge sul bilancio. Poi subito alle urne, ma con facce nuove. I mercati e l'Europa non tollererebbero di nuovo un boom di Grillo, una settima candidatura di Berlusconi, e un centrosinistra attaccato alla stessa dirigenza che, per vent'anni, non ha praticamente mai vinto, se non con maggioranze risicate e poi fatte cadere. Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-54668615723868714262013-02-08T10:32:00.000-08:002013-02-08T10:32:06.542-08:00Il denaro pubblico alle banche, non solo in Italia
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiefllBp7O5NxcQVgsLIT1IYlAcc_x-Ou55Ro8GGuUaiXer0f60unEP1UmMHkVo7jBkqJ24X5yaBcr8TnyPpvMHUOy3M5WsGsFDKuqgZ8mht5St-1Ha1eLjyomHpD7a4EhyxOTliYevdqqc/s1600/mps.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiefllBp7O5NxcQVgsLIT1IYlAcc_x-Ou55Ro8GGuUaiXer0f60unEP1UmMHkVo7jBkqJ24X5yaBcr8TnyPpvMHUOy3M5WsGsFDKuqgZ8mht5St-1Ha1eLjyomHpD7a4EhyxOTliYevdqqc/s1600/mps.jpg" /></a>Se un liberale sentisse parlare di
nazionalizzazione delle banche, cercherebbe di tapparsi
immediatamente le orecchie. Eppure, la proposta avanzata per il
rilancio di Monte Paschi da Oscar Giannino alcuni giorni fa,
candidato alle elezioni ed economista, ha proprio quel suono che un
liberale come Giannino non vorrebbe mai sentire. Nazionalizzare,
entrare nel capitale della banca, ripulirla, patrimonializzarla e poi
privatizzarla. Salvarla per poi rimetterla sul mercato quando gira il
volume d'affari. L'idea non è certamente delle più strambe, anche
perchè i Monti bond non sono proprio un piccolo aiutino. 3,9
miliardi di soldi pubblici sotto forma di obbligazioni, che, nel caso
in cui la banca toscana non dovesse riuscire a restituire, metterebbe
nelle condizioni il Tesoro di entrare nel capitale sociale
dell'istituto creditizio, con una quota non proprio minuscola.
Staremo a vedere, certo. Per gli analisti, il buco creato con perdite
da oltre 700 milioni di euro, non è facilmente colmabile in breve
tempo, quindi è probabile che effettivamente il Tesoro possa entrare
con un bel gruzzolo di queste obbligazioni. Di nazionalizzazioni a
livello bancario, dall'inizio della crisi ad oggi, ne abbiamo viste
parecchie. La mente non può che tornare all'ottobre 2008, negli
Stati Uniti, quando il governo Bush approvò un piano di 250 miliardi
di dollari pubblici per l'acquisto di partecipazioni nelle nove
banche americane più grandi, fra cui le principali banche d'affari,
come Bank of America, Citigroup e Jp Morgan Chase. L'ultima,
recentissima, è il caso olandese della SNS Reaal. Quarta banca per
dimensioni dei Paesi Bassi, con un portafoglio asset di oltre 130
miliardi di euro, è entrata in forte crisi a causa delle grandi
difficoltà dei beni immobiliari, con il valore di quest'ultimi
talmente ridotto da mettere a repentaglio la soglia di solvibilità.
SNS, esposta sul settore immobiliare per quasi 10 miliardi di euro,
riceverà dal governo 2,2 miliardi, dopo gli 800 milioni ottenuti nel
2008 e oltre ad altri attuali 5 miliardi sottoforma di garanzie.
Questo è il risultato di una gestione diversa da quella di Mps.
Dietro alle difficoltà degli olandesi non si cela chiaramente la
malagestione per qualche interesse personali di qualche dirigente,
bensì la visione forse leggermente errata su un'economia un po'
troppo ingessata sull'edilizia, e dai mutui facili, dimenticandosi
forse di crescite molto più sane, come l'agricoltura e il tessuto
industriale e produttivo. Detto questo è chiaro che, a un certo
punto, in entrambi i casi, l'intervento pubblico è necessario, per
garantire stabilità nell'immediato a tante famiglie e imprese.
Magari, in giro per il mondo, qualche liberale si scaverà una fossa.
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-62470666665091147372013-02-03T06:48:00.001-08:002013-02-03T06:48:40.453-08:00Il caso argentino: dal default del 2001 al rischio di espulsione dall'Fmi<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiHXUNB2D3hT0BSHcyUexd7hjIiZe-xSbDDD6jDAGY7gcubj-APVVApj__vxkIR02Xgz7mVvqdUrtDgvksZtSsBVbcU9H-SgudxZOEqhhzAqcqT7PBbv7y_n6XGOJWJKLti890KDs8b1W-/s1600/crisi+argentina.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="218" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiHXUNB2D3hT0BSHcyUexd7hjIiZe-xSbDDD6jDAGY7gcubj-APVVApj__vxkIR02Xgz7mVvqdUrtDgvksZtSsBVbcU9H-SgudxZOEqhhzAqcqT7PBbv7y_n6XGOJWJKLti890KDs8b1W-/s400/crisi+argentina.jpg" width="400" /></a>Può succedere che un paese possa
essere censurato da un'istituzione di cui fa parte, sostanzialmente
per la non-trasparenza delle proprie comunicazioni? La risposta è
si, quel paese è l'Argentina e l'istituzione è il Fondo Monetario
Internazionale. In 69 anni di storia, dagli accordi di Bretton Woods
post seconda guerra mondiale non era mai successa una situazione del
genere. Per intenderci , e per chi non lo sapesse, l'Fmi è
quell'istituzione economica che lo scorso anno ha prestato 30
miliardi di dollari alla Grecia, salvandola di fatto insieme agli
aiuti europei. Ma l'Fmi è anche quella dei 21,6 miliardi di dollari
dati alla stessa Argentina nel 2001, l'anno del default. Bisogna
infatti tornare a proprio quel dicembre di oltre undici anni fa per
capire dieci anni di una ripresa economica argentina, a tratti poco
chiara e per certi versi instabile. Ma prima ancora, a oltre
vent'anni fa. Si parte infatti ad inizio negli anni '90 con una forte
lotta all'inflazione, voluta dal ministro del Tesoro Domingo Cavallo,
che nel 1991 fissò il cambio a 10mila austral equivalenti a un
dollaro (l'austral fu la prima moneta argentina a non chiamarsi
peso). Il Banco Central mantenne copiose riserve in dollari nelle
proprie casse per assicurare la convertibilità, e fa si che vi fosse
l'accettazione della moneta. Poco tempo dopo venne promulgata la “Ley
de Convertibilidad”, che reintrodusse il peso, con un tasso di
cambio fisso. Ma il debito pubblico cresceva rapidamente, di pari
passo con evasione fiscale, corruzione e spesa pubblica. Nel '99 il
presidente De la Rua, dopo aver vinto le elezioni, si trovò a fare i
conti con un paese praticamente allo sbando, già di fatto in
recessione e a forti mancanze di liquidità, e di conseguenza con
l'ormai forte sfiducia degli investitori stranieri. Arriviamo così
all'anno zero, il 2001, con il “bank runs”, tecnicamente la corsa
agli sportelli dei correntisti argentini, che constrinse il governo
argentino ad adottare il cosidetto “corralito”, ovvero il divieto
di prelevare soldi dal proprio conto, se non per piccole somme, con
la conseguente protesta popolare. Il governo, guidato ad interim da
Rodriguez Saà, a pochi giorni dal nuovo anno, dichiarò lo stato di
default per la grande parte del proprio ammontare di debito, oltre
130 miliardi di dollari. Di li a poco ci fu una forte crisi
nell'economia reale, che si riprese solo dal 2003 in poi, con
l'avvento del nuovo presidente Nestor Kirchner. A livello
finanziario, per ristrutturare il debito, si trovò un accordo con
gli investitori solo nel 2005, che prevedeva il rimpiazzo di buona
parte dei titoli oggetto di default con altri per un valore nominale
inferiore del 30%. Nel 2008 la neo presidentessa Cristina Fernandez
de Kirchner annunciò l'ulteriore negoziazione dell'ultima parte di
debito, così da poter estinguere del tutto il default nei confronti
dei privati. Oltre a questo è stato ripagato interamente l'ammontare
di debito con il Fondo Monetario. E allora dove sta il problema? Per
i 24 membri del direttivo riuniti a Washington due giorni fa che
hanno votato una dichiarazione formale di censura per lo Stato
Argentina, manca qualcosa di essenziale. Si potrebbe andare infatti
incontro a una rapida procedura d'espulsione, per l'inaccuratezza dei
propri dati economici. In soldoni, secondo l'Fmi, Buenos Aires è
inattendibile sulle proprie statistiche. L'economia argentina, con la
ripresa post default, è la diventata la seconda del Sudamerica dopo
il Brasile, ma è ancora minata dall'inflazione. Per il governo il
tasso ufficiale è al 10,8%, mentre secondo alcuni analisti quella
reale tocca il 25%. Anche il tasso di cambio non gode di grande
trasparenza; per il Banco Central il rapporto con il dollaro è di
4,9 peso per uno. Ma potrebbe essere molto più elevato, fino a sette
a uno, con una forte conseguente svalutazione. La situazione è molto
incerta. Di certo c'è solamente una data, il 29 settembre, giorno in
cui il governo argentino dovrà rendere conto davanti al Fmi dei
progressi alle basi della propria economia, a questo punto forse un
po' meno solida di quello che si pensava.
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-31534334162907841342013-01-31T07:35:00.003-08:002013-01-31T07:36:04.990-08:00Agricoltura, il futuro è qui<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlvzzul9KQNejQFrS6PLPd42dJ0FbbJBpOlaQF5fQysNCuNzUjrU8FPN9bWnswIPulhKA-aGAPcOkzhqXC4y2AxzMRctV-lde2TjeBSmg7u5HG2cXzjsWvT_rLCaBwcr9vKBBwsPWkA06L/s1600/foto+agricoltura+rete+quotidiana.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjlvzzul9KQNejQFrS6PLPd42dJ0FbbJBpOlaQF5fQysNCuNzUjrU8FPN9bWnswIPulhKA-aGAPcOkzhqXC4y2AxzMRctV-lde2TjeBSmg7u5HG2cXzjsWvT_rLCaBwcr9vKBBwsPWkA06L/s320/foto+agricoltura+rete+quotidiana.jpg" width="320" /></a>Ogni giorno, da ormai un mese a questa
parte, apriamo i giornali, guardiamo i tg, ascoltiamo le radio, e
naturalmente si parla di campagna elettorale. Un ritornello che si
ripeterà ancora per una ventina di giorni abbondanti, senza
esclusione di colpi, da una parte e dall'altra. Su tutti rimbalza
alle nostre orecchie la questione della tassazione, le più
esilaranti promesse sull'Imu, fino agli ultimi più recenti casi di
sprechi nei fondi regionali ai partiti e allo scandalo derivati in
Montepaschi. Tasse, corruzione, banche, finanza malata. Si parla di
tutto, ma a mio avviso ci siamo dimenticati di una cosa. Magari non
fa notizia, fa vendere meno a giornali e fa meno ascolti in
televisione, ma stiamo tralasciando un settore troppo importante
quanto dimenticato, l'agricoltura e più in generale l'intero
comparto del primario. Non che mi aspettassi niente di che
dall'offerta politica su questo campo, ma quantomeno un cenno di
vita. Non se ne parla mai, nonostante le occasioni di lavoro offerte
anche in tempo di crisi, un quota sul pil sempre crescente, e un
valore aggiunto in costante ascesa. Nonostante le mille difficoltà,
rappresentate in gran parte dal reddito degli agricoltori, sempre più
eroso a causa di costi di produzione crescenti. Occorre una nuova
politica agricola nazionale, che, in primis cerchi il giusto
equilibrio nel livello dei prezzi fra produttore e consumatore, oltre
a garantire maggiore efficienza in campo, più aggregazione fra le
imprese (la media ettari di un'impresa in Italia è fra le più basse
d'Europa) e un marketing sempre più deciso per accrescere l'export,
già molto trainante. Il settore agricolo è certamente strategico,
senza dubbio. Basta saper leggere una manciata di dati. Nel 2050 la
popolazione mondiale toccherà quota oltre nove miliardi di persone,
ovvero due in più di quelli attuali, e di conseguenza, aumenterà
fortemente la domanda di cibo. Per adeguarsi a questi ritmi,
l'agricoltura dovrà correre più forte, e adeguare la propria
produzione mondiale di circa 70% in più. I paesi più popolosi come
Cina, India, Brasile sono già partiti da alcuni anni con una decisa
politica di acquisizioni di terre a basso costo, specialmente in
Africa, al fine di far fronte alla propria crescita della popolazione
al proprio interno. Tale fenomeno, detto “Land Grabbing” si sta
diffondendo sempre di più, e se da una parte garantisce in
prospettiva grandi quantità di risorse ai maggiori paesi, dall'altra
va a scapito della popolazioni autoctone di quelle terre, costrette a
rimanere con pochi pugni di riso in mano. E' per questo che il nostro
paese non ha tempo da perdere, e deve mettersi in moto non per
contribuire a una neo forma di colonialismo, come può essere
licitamente ritenuto il Land Grabbing, ma cercando di valorizzare le
proprie terre e accrescere in quantità e qualità le proprie
produzioni. L'era dei derivati e dell'economia di carta è ormai
terminata, ora è tempo di economia reale. E l'economia reale deve
ripartire dall'agricoltura.
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-88762991634574338552013-01-27T06:29:00.002-08:002013-01-27T06:29:54.601-08:00Ecopolatt aderisce a Rete Quotidiana
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqkULbmyLCUb2zXdcCONxofHLuie1jS0LkpkonRZxXjRYY3tjdgT8aCS92v95_gGrxMDP_ppKYXJLF6duFNT8uslo2RYdEQkx0Ez7llUOGy6VkEfJdnX_uFngJvmle1c0h7iAhJspLhrDP/s1600/giornali.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgqkULbmyLCUb2zXdcCONxofHLuie1jS0LkpkonRZxXjRYY3tjdgT8aCS92v95_gGrxMDP_ppKYXJLF6duFNT8uslo2RYdEQkx0Ez7llUOGy6VkEfJdnX_uFngJvmle1c0h7iAhJspLhrDP/s320/giornali.jpg" width="320" /></a>Ecopolatt non è più solo, ma ha dei
nuovi compagni di viaggio. Il blog da me gestito, concentrato
principalmente nel commentare l'economia, il mondo finanziario le
politiche industriali e del lavoro, oltre all'attualità politica, da
pochi giorni ha aderito al nuovo progetto chiamato “Rete
Quotidiana”. Un nuovo network d'informazione pensato e voluto da
giovani editori, direttori, giornalisti e blogger italiani, che con
difficoltà ma con grande impegno navigano ogni giorno in un settore,
quello dell'informazione, reso sempre meno limpido dai vecchi
carrozzoni dell'editoria, del giornalismo e dell'opinionismo
italiano. Portare rispetto per chi ci precede è d'obbligo, ma senza
voler ripercorrere gli errori fatti da quest'ultimi. Rete Quotidiana
non si rivolge né al lettore di destra, di sinistra e di centro, né
a quello acculturato o a quello meno acculturato; si rivolge
semplicemente al lettore, all'italiano lettore voglioso di
un'informazione trasparente e pulita, che guardi alla realtà dei
fatti con occhi sinceri senza trame o conflitti di fondo. In questo
contesto Ecopolatt, insieme al suo direttore, Lorenzo Pelliconi,
vuole apportare il suo piccolo contributo a questo nuovo progetto
fatto di giovani. La presenza di Ecopolatt in Rete Quotidiana, come
vuole appunto il nome (Eco sta per Economia, Pol per politica, att
per attualità), sarà connessa principalmente al commento di
attualità con editoriali principalmente economici. Questo settore
riveste un'importanza tale nell'informazione che spesso si tende a
intrecciarlo con la politica locale e nazionale. E' bene quindi
avere sempre un occhio indipendente e vigile, senza condizionamenti
di alcun genere. Come, del resto, è l'essenza di Rete Quotidiana.
Sono convinto che l'Italia, il nostro BelPaese, debba guardare al
futuro con un briciolo di fiducia e speranza in più. Questa fiducia
è da coltivare col sforzo di tutti, in tutti i campi, per questo sta
a una nuova generazione di direttori di testate, blogger, editori e
giornalisti promettere all'Italia delle prossime generazioni
un'informazione migliore.
</div>
Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-49557025800852526582012-12-13T04:40:00.001-08:002012-12-13T04:40:55.449-08:00Crisi immobiliare, hanno scoperto l'acqua calda<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCJg3nuVW6a0jb8W91dwqpwKzYUUO2AG-8Zjiep2rpBF5DcoqSpqaIqadEd6TbQE8BWuQBST8rPgUYoBYa6zL4wVAlL9PoeniFhUwWtR6Gh_EFj0cSxWfLtRdqjhc_npcIDZ-xH1vCUWJS/s1600/edilizia.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="212" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCJg3nuVW6a0jb8W91dwqpwKzYUUO2AG-8Zjiep2rpBF5DcoqSpqaIqadEd6TbQE8BWuQBST8rPgUYoBYa6zL4wVAlL9PoeniFhUwWtR6Gh_EFj0cSxWfLtRdqjhc_npcIDZ-xH1vCUWJS/s320/edilizia.jpg" width="320" /></a></div>
Su tutti i telegiornali qualche giorno fa sono andati in onda servizi giornalistici, alcuni dei quali copia e incolla, riguardo la crisi immobiliare in Italia, causata da una forte diminuzione delle vendite e dalla conseguente forte riduzione del livello dei prezzi delle case. Soldi chiaramente ce ne sono meno nelle tasche degli italiani, e nonostante gli analisti ritengano il mattone ancora un investimento sicuro, il settore sta andando completamente a picco. Il problema è che in molti si sono meravigliati per questa tendenza. Ma meravigliati di cosa? Molte economie avanzate hanno basato per anni il proprio piano di crescita economica su una forte incremento del settore immobiliare. E' successo negli Stati Uniti, dove una politica di concessione di mutui facili ha di fatto ingrassato tutto il sistema, con il risultato della cosiddetta bolla speculativa, e di un bel gruzzolo di case invendute. Case invendute viste poi dappertutto, in Italia ora, ma non solo. Una delle cause principali della recessione spagnola, oltre al forte contagio a livello finanziario, è sicuramente il problema alla base di aver creduto un po' troppo che una crescita basata sull'edilizia potesse essere sana per il paese iberico. Un risultato di questa scelta strategica sbagliata sono i prezzi irrisori della case spagnole. Un esempio sono le belle villette andaluse a Siviglia, dove bastano meno di ventimila euro per accaparrarsene una. Anche noi italiani non abbiamo certamente fatto politiche lungimiranti, prima con il fantomatico "piano casa" dell'ultimo governo Berlusconi, e poi uno dei tanti piani per la crescita del Governo Monti dove si drogava un po' il mercato grazie a un po' di risorse stanziate per incentivare l'edilizia. Una boccata d'ossigeno, certo, ma forse non è il modo migliore per aiutare l'economie. Se avessimo utilizzato tutte le risorse a nostra disposizione per rilanciare interamente l'economia, magari migliorando la burocrazia e alleggerendo il peso fiscale su lavoratori e aziende, forse anche il settore dell'edilizia ne avrebbe giovato indirettamente. Detto questo, il mattone continua e continuerà a essere certamente una sicurezza materiale importante a livello di investimento, anche se, con le prospettive del mercato individuale, non c'è da stare proprio sereni. Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-8998751935478738082012-08-08T07:15:00.001-07:002012-08-08T07:15:24.965-07:00Spending review, un piccolo passoLa strada è quella giusta, anche se i numeri sono totalmente insufficienti. Finalmente il Governo Monti, dopo una prima fase di ferro e fuoco, con una manovra Salva-Italia che ci ha salvato inasprendo la tassazione sul mondo produttivo e famigliare, ha dato avvio con il decreto di ieri a un primo riordino della spesa pubblica statale. Ciò che è stato fatto, lo è stato nonostante le enormi pressioni politiche di partiti che prima invocano tutti una rigorosa razionalizzazione della spesa, e poi fanno a gara in Parlamento per salvare ordini professionali, province, consulenti, aziende partecipate inefficienti, agenzie pubbliche mangiasoldi e tutta la galassia di una burocrazia, vero cancro del paese. Un esempio chiaro, come detto, sono le province. Si è partiti da una abolizione totale negli annunci, passando poi per una "razionalizzazione", fino a un semplice riordino. Il risultato è che una sessantina di queste sono state abolite, salvandone una quarantina. Un esempio molto semplice di come vanno le cose da noi. Alla fine i risparmi ci sono, per carità, però sono solo decimali di quello che veramente la spesa pubblica in Italia rappresenta. La questione centrale è un'altra. La spending review non è stata concepita come una prima operazione di una più ampia riduzione dell'enorme fardello, ma semplicemente per non aumentare l'Iva al 23%, salvare qualche esodato in più e aiutare i terremotati. Tre motivi fondamentali e necessari da affrontare, ma che non possono non oscurare il fatto che la nostra spesa statale debba essere tagliata nonostante questi provvedimenti. 800 miliardi di spesa annuale non ce li possiamo più permettere, in un periodo in cui paghiamo 70-80 miliardi di interessi su un debito di oltre 1900 miliardi di euro. La riduzione della spesa pubblica deve essere ben più forte, di almeno 7-8 punti percentuali all'anno, spostando quei risparmi su un taglio delle tasse su imprese e famiglie. Questo, affiancandolo a un grande piano di privatizzazioni demaniali, almeno 500 miliardi di euro, per l'abbattimento del debito pubblico, potrebbe essere un punto di ripartenza per il nostro paese. Da questi due provvedimenti si deve riniziare.Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-82583007513001310632012-05-25T06:01:00.000-07:002012-05-25T06:01:22.575-07:00I vecchi e i nuovi<div style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivNaF4sdsn52430urE20wgv5QtNIPy3XrWej0IReeuFnPD3JWX4hapl2w9nlFbkYHBIcWtnTb6-tSF-hYPtBXhpMCX6ixN2b-4mU3tszro_yYeRYmwS7HAJ7mH7wGKP4qPrWx_9uMVLi_M/s1600/renzi+e+montezemolo.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="178" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivNaF4sdsn52430urE20wgv5QtNIPy3XrWej0IReeuFnPD3JWX4hapl2w9nlFbkYHBIcWtnTb6-tSF-hYPtBXhpMCX6ixN2b-4mU3tszro_yYeRYmwS7HAJ7mH7wGKP4qPrWx_9uMVLi_M/s320/renzi+e+montezemolo.JPG" width="320" /></a>Se tutte le voci dovessero essere confermate, l'offerta politica italiana alle elezioni del 2013 sarà molto variegata. Attenzione, variegata. Non qualificata. Per carità, ognuno è libero di presentarsi come vuole e con il programma che vuole, ma il caos regna totale. Da una parte un centrodestra ormai cotto, bisognoso più di una nascita nuova che di una rifondazione. Le amministrative lo hanno dimostrato chiaramente, la Lega ha pagato lo scandalo dei rimborsi elettorali, mentre sul Pdl pesa come un macigno tre anni di governo dove non è stato fatto nulla di ciò che era stato promesso nel 2008. A sinistra probabilmente sarà riproposta la foto di Vasto, senza primarie, con l'allenza Bersani-Vendola-Di Pietro, che in teoria potrebbe avere anche i numeri per vincere. E fra i due schieramenti? Sicuramente il Terzo Polo, che potrebbe riconfermare un risultato onorevole, senza però contare nulla ai fini di governo. E poi? La politica italiana non si ferma qui, ma Grillo, Montezemolo e Renzi potrebbe essere i tre nuovi. Il movimento 5 stelle si aprirebbe alla prima partecipazione a livello nazionale, e con i numeri attuali, potrebbe addirittura aspirare a entrare in Senato. Per Montezemolo, la sua Italia Futura raccoglierebbe già il 20% dei consensi, con il 53% di gradimento per l'ex presidente di Confindustria. Il centrodestra sta alla finestra del nuovo movimento, ma i “nuovi” hanno già fatto intendere di non volere allearsi con nessuno. E poi alla fine c'è Matteo Renzi, l'outsider del Pd. Se le primarie non si dovessero veramente fare, facendo toccare al Partito Democratico il limite dello scandalo, allora il sindaco di Firenze scenderà in campo, con l'esercito di giovani e sindaci Pd pronti ad affiancarlo.Se non addirittura, insieme, Renzi e Montezemolo, per un'Italia nuova.</div>Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-59394053356120769782012-05-24T10:32:00.000-07:002012-05-24T10:32:11.753-07:00L'Italia non deve piegarsiCon questa classe politica, almeno quella vista finora, è chiaro a tutti che non si va molto lontano. Ma l'Italia lo sa bene, ha mille risorse da cui può attingere, per ripartire. Enormi e numerosi sarebbero i provvedimenti da prendere per far ripartire questo paese, che, se continua di questo passo, rischia veramente di veder bruciate intere generazioni. Provate a immaginare i giovani italiani che emigrano all'estero. Ah scusate, non c'è bisogno di immaginarselo. Il fenomeno c'è già, ed è molto toccante. Le risorse ci sono e sono loro, i giovani. Rimetterli al centro dell'attenzione sarebbe già un importante passo per rilanciare il paese. Varie le modalità. Nel mondo del lavoro appare lampante la necessità di un vero e proprio contratto di apprendistato, senza varianti o derive precarie, salvaguardando però la flessibilità. Sul fronte dell'istruzione, bisogna lavorare parecchio. Mettiamo mano all'università. Non basta solo fare più ricerca, ma bisogna confrontarsi anche sulla qualità dei progetti. I cervelli li abbiamo anche noi, anzi i nostri forse sono tra i migliori del mondo. Un po' di coraggio. Possono sembrare parole, e lo sono, ma università e ingresso nel mondo del lavoro sono due capisaldi per far ripartire l'Italia, all'insegna della linea verde.Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-52730278369691701832012-04-22T10:25:00.000-07:002012-04-22T10:25:05.350-07:00I nodi della politica<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0k2V1SPhCfbstYmrfrDlTHoc6HNS2DBEViU9TOjY872ANhHQy-aT19tOk13Wy71Of4wBDvqR5f7Qs2E7VJM3EzQ5MERiEwnsoUVNudttf0kvP2F_KUokErUYIXrfsCqGmPRP0AiTNtCtP/s1600/abc.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="146" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg0k2V1SPhCfbstYmrfrDlTHoc6HNS2DBEViU9TOjY872ANhHQy-aT19tOk13Wy71Of4wBDvqR5f7Qs2E7VJM3EzQ5MERiEwnsoUVNudttf0kvP2F_KUokErUYIXrfsCqGmPRP0AiTNtCtP/s200/abc.jpg" width="200" /></a>Regna il caos all'interno dello scacchiere politico. Casini, l'eterno ragazzo della politica, in Parlamento dal '83, azzera la "sua" Udc, per puntare a un unione fra tecnici e politici che ha, come dire, un po' il sapore di Prima Repubblica. Unire tecnici e politici non sarà cosa facile. Il leader "democristiano" punta ai popolari e ai moderati, ma l'operazione frutta una minestra riscaldata. Sono sempre loro, le facce non cambiano mai, di giovani non se vede neppure l'ombra. Il "Partito della Nazione", così sembra, è ormai ai cancelli di partenza: cambia il nome, ma l'ossatura è quella, anzi l'incrostazione è quella. Passando a sinistra, c'è un Partito Democratico diviso su diverse tematiche, che guarda a Sel e Idv come principali alleati. Le primarie sono un'utopia? Probabilmente si. E a destra, se così si può chiamare? La Lega è sulla via della resurrezione dopo lo scandalo interno relativo ai finanziamenti, mentre il Pdl sta cercando di capire se è legittimo considerare Alfano un serio leader di partito. D'altronde, il Popolo della Libertà è chiaramente ancora orfano di Berlusconi, che dirige da dietro come leader silenzioso, ed è forse questo il vero rebus del partito-azienda. Non godere più delle parole del suo capo carismatico tutte le mattine sulle prime pagine dei giornali può essere un colpo pesante. La mancanza di queste parole può essere ancora più pesante della mancata realizzazione dell'agenda di governo quando il Pdl stava a Palazzo Chigi. <br />Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-24698941911600954992012-04-06T09:07:00.000-07:002012-04-06T09:07:09.611-07:00Vent'anni buttati<!--[if gte mso 9]><xml> <o:OfficeDocumentSettings> <o:AllowPNG/> </o:OfficeDocumentSettings> </xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml> <w:WordDocument> <w:View>Normal</w:View> <w:Zoom>0</w:Zoom> <w:TrackMoves/> <w:TrackFormatting/> <w:HyphenationZone>14</w:HyphenationZone> <w:PunctuationKerning/> <w:ValidateAgainstSchemas/> <w:SaveIfXMLInvalid>false</w:SaveIfXMLInvalid> <w:IgnoreMixedContent>false</w:IgnoreMixedContent> <w:AlwaysShowPlaceholderText>false</w:AlwaysShowPlaceholderText> <w:DoNotPromoteQF/> <w:LidThemeOther>IT</w:LidThemeOther> <w:LidThemeAsian>X-NONE</w:LidThemeAsian> <w:LidThemeComplexScript>X-NONE</w:LidThemeComplexScript> <w:Compatibility> <w:BreakWrappedTables/> <w:SnapToGridInCell/> <w:WrapTextWithPunct/> <w:UseAsianBreakRules/> <w:DontGrowAutofit/> <w:SplitPgBreakAndParaMark/> <w:EnableOpenTypeKerning/> <w:DontFlipMirrorIndents/> <w:OverrideTableStyleHps/> </w:Compatibility> <m:mathPr> <m:mathFont m:val="Cambria Math"/> <m:brkBin m:val="before"/> <m:brkBinSub m:val="--"/> <m:smallFrac m:val="off"/> <m:dispDef/> <m:lMargin m:val="0"/> <m:rMargin m:val="0"/> <m:defJc m:val="centerGroup"/> <m:wrapIndent m:val="1440"/> <m:intLim m:val="subSup"/> <m:naryLim m:val="undOvr"/> </m:mathPr></w:WordDocument> </xml><![endif]--><!--[if gte mso 9]><xml> <w:LatentStyles DefLockedState="false" DefUnhideWhenUsed="true"
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Soldi ai partiti usati non per attività politica, ma per lo sfarzo e il benessere personale di qualche dirigente. E lo scandalo, a mio avviso, non sta tanto sul come sia stati spesi questi soldi. Il vero problema è che la Lega non è indagata per l'uso disparato di quei denari pubblici, ma solamente perchè non avrebbe iscritto, secondo l'accuso, quei soldi a bilancio. Il problema è la legge, oltre che delle teste. Fatta male, o meglio, fatta apposta per questa classe di politici, che ormai hanno mangiato a sbaffo, lasciando il conto da pagare ai cittadini onesti che in questi anni hanno sostenuto uno Stato pesante e sempre affamato di denaro. In vent'anni non siamo stati in grado di cambiare un bel nulla, se non nella pressione fiscale, sempre più alta, nella spesa pubblica, sempre più alta, e nel debito pubblico, sempre più alto. Il paese reale però è stanco. </div>Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-28221624684948217782012-03-14T08:22:00.000-07:002012-03-14T08:22:53.696-07:00Precari e flessibili<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggcC5xRkY9J_Z7PLg6c5_8Sy62NJZB-jrgQ1PJk4rAcNqQdbKq8Il6iH0JkFjNbvPcSwVHlc5AN3xyFGx9750iDTjiHywK4WjTpTvv1PBhn1BiHRdqo08k0M-rhBFKhddM7gZUwwybf_Mt/s1600/fiat.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEggcC5xRkY9J_Z7PLg6c5_8Sy62NJZB-jrgQ1PJk4rAcNqQdbKq8Il6iH0JkFjNbvPcSwVHlc5AN3xyFGx9750iDTjiHywK4WjTpTvv1PBhn1BiHRdqo08k0M-rhBFKhddM7gZUwwybf_Mt/s320/fiat.jpg" width="320" /></a>E' notizia di pochi giorni fa che la maggiori case automobilistiche tedesche assegneranno ai propri dipendenti succosi premi di produzione per l'anno record 2011. Tutti marchi che fanno capo al gruppo Wolkswagen. La casa madre di Wolfsburg girerà ai propri dipendenti un premio da 7500 euro; l'Audi, il marchio di fascia più alta, pagherà un bonus di 8251 euro, mentre per i lavoratori della Porschè la cifra sarà di 7600. Vanno bene lo cose anche per l'altro grande gruppo tedesco, la Daimler, che produce Mercedes e Smart, distribuirà premi per 4100 euro a testa. Questo è il quadro, e per una volta si può tirare un sospiro di sollievo, sapendo che i premi saranno pagati a impiegati e operai, e non ai grandi banchieri del modello Wall Street. Ora bisogna fare una riflessione. Perchè in Germania si e in Italia no? In Germania le macchine prodotte saranno forse migliori, migliore sarà anche l'affidabilità, e su questo forse non c'è molto da dire. E' necessario focalizzare l'attenzione sul metodo di lavoro, togliendola un po' al settore automobilistico. Partendo da un discorso generale, è la produttività e l'efficienza che portano ai risultati tedeschi. La Germania ha in proporzione, più o meno, i nostri stessi precari che lavorano con contratto a tempo determinato. In Italia la chiamiamo precarietà, mentre in Germania è vista come flessibilità. La chiamano così perchè vi è una rete di protezione sociale, c'è la possibilità di rientro immediato nel mercato del lavoro e soprattutto le buste paghe sono più robuste. L’Italia è a un punto di svolta: entro la prossima settimana si dovrebbe chiudere il tavolo sulla riforma del lavoro fra governo, sindacati e Confindustria. Saranno pure i padroncini dell’Europa fieri di loro, ma per una volta prendiamo come esempio i tedeschi. La priorità è aumentare lo stipendio ai precari, lasciandoli anche precari se necessario anche per un tot di mesi, ma garantendogli una rete di protezione nel caso di crisi aziendale. E’ uno dei pochi modo per trasformare gradualmente la precarietà in flessibilità, condizione necessaria per far tornare gli stranieri a investire nel BelPaese. <o:p></o:p>Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-47112637159317977232012-01-26T06:32:00.000-08:002012-01-26T06:32:44.153-08:00Wage or Job Competition?<div class="MsoNormal" style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; margin: 0cm 0cm 0pt;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-O_8WWxZoYVAPtBfR5gQPiKFCMygJe7WecBpo1UYO2knTpgiNonhBn1tfHdn0mdrzGFnzoIL9Sek11bXe8_v511Oukkt9Doh4_y5TFPVunZo-ayN2ARfpcdwxUNp5eRWnN-WJ8Laly4tJ/s1600/lavoratori_cinesi1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" gda="true" height="211" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj-O_8WWxZoYVAPtBfR5gQPiKFCMygJe7WecBpo1UYO2knTpgiNonhBn1tfHdn0mdrzGFnzoIL9Sek11bXe8_v511Oukkt9Doh4_y5TFPVunZo-ayN2ARfpcdwxUNp5eRWnN-WJ8Laly4tJ/s320/lavoratori_cinesi1.jpg" width="320" /></a>In questo ultimo mese ho preparato l'esame di economia del lavoro, il terz'ultimo prima del conseguimento della laurea triennale in economia dei mercati. Durante la preparazione ho studiato con attenzione interi capitoli sui modelli macroeconomici relativi al mercato del lavoro, principalmente su sindacati e contrattazione salariale. Sul mercato esistono due forme di reclutamento del personale lavorativo, la wage competition e la job competition, quest'ultima molto più frequente della prima. Nella “wage” i lavoratori competono sui salari, e chi offre all'imprenditore una busta paga più leggera, è assunto, mentre la “job” prevede una competizione in base ai titoli di studio e alle qualità individuali del singolo lavoratore. Neanche a dirlo, la job è la forma di selezione più utilizzata e forse ritenuta anche più etica. Ma è proprio così nella realtà attualissima? Sinceramente a me non sembra. La globalizzazione ha ormai rimescolato tutte le carte in tavole. Quando in un primo momento la richiesta sul mercato del prodotto era esigente, si ricercava sempre qualità e specializzazione, caratteristica della job competition. La delocalizzazione nei paesi in via di sviluppo ha inesorabilmente spostato l’asse verso la wage competition. I nostri lavoratori, soprattutto i nostri operai, che, per rimanere sul mercato del lavoro, sono obbligati a specializzarsi sempre di più, competono ogni giorni per non farsi spazzare via dalla manodopera a basso costo. La normalità, per chi conosce la globalizzazione. Un po’ meno per chi ha faticato anni per specializzarsi e aumentare la qualità del proprio lavoro, e si viene visto scavalcare da qualche sfruttato lavoratore cinese o indiano. </div>Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8679769977707742161.post-44629743825345278312012-01-11T16:01:00.000-08:002012-01-11T16:01:50.578-08:00Asia - Europa 1-0 <br />
<div style="border-bottom: medium none; border-left: medium none; border-right: medium none; border-top: medium none; margin-bottom: 0cm;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgppTzP4h7YL9A8p9dDZ9tj8k68KCq_7ITsVYGfX5qbgqXzh65DvCL8XL2HLKCNq_n5HtN0wP3eNotEw_sEA6ut5OcazEhdqdMCJSPmlc-LDbrnpqO68cw_ieNGykWOvH6wm03_ZDfvukFz/s1600/4646895925_dffa1a9e84.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" kba="true" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgppTzP4h7YL9A8p9dDZ9tj8k68KCq_7ITsVYGfX5qbgqXzh65DvCL8XL2HLKCNq_n5HtN0wP3eNotEw_sEA6ut5OcazEhdqdMCJSPmlc-LDbrnpqO68cw_ieNGykWOvH6wm03_ZDfvukFz/s320/4646895925_dffa1a9e84.jpg" width="320" /></a><span style="font-weight: normal;">Il 2011 sarà ricordato per la grave crisi economica, per lo spread, per i titoli spazzatura, per l'uscita di scena di Berlusconi in Italia, e per migliaia di altri avvenimenti. Ce né uno in particolare, però, che regala gioia e amnesia. Lo scorso 31 ottobre, in India è nato il settimo miliardesimo abitante del pianeta. La popolazione cresce e crescerà ancora, tanto che nel 2050 si stima possa raggiungere i nove miliardi. Una cifra da capogiro se pensiamo che, entro questa data, gli agricoltori dovranno aumentare del 70% la produzione per far fronte alla domanda in costante espansione. D'altra parte però le superfici agricole rimangono ferme, se non addirittura diminuiscono. Motivo che ha spinto da qualche anno a questa parte grandi paesi a fare shopping nelle aree più povere del mondo. Cinesi, coreani e indiani dal 2008 in poi fino ad oggi si sono scatenati in Africa e nel Sud America. Il dragone ha letteralmente messo le mani sui terreni agricoli mondiali. Le grandi società agroalimentari cinesi, spinte dal governo, hanno goduto del sostegno finanziario e diplomatico di Pechino, ed ora controllano alcuni milioni di ettari nel mondo. Tutto questo è accaduto e accade mentre in Europa, negli ultimi decenni, i terreni coltivabili sono diminuiti del 26%. Se in un tempo non troppo lontano noi europei primeggiavamo almeno dal punto di vista agricolo, ora senza alcun dubbio abbiamo dovuto cedere lo scettro agli asiatici. Competere con loro sarà quasi impossibile.</span></div>Lorenzo Pelliconihttp://www.blogger.com/profile/16454942723534177223noreply@blogger.com0