lunedì 1 novembre 2010

PRONTE LE VALIGIE

Sono usciti oggi i dati della crisi delle vendite Fiat, un segno meno di 39 punti percentuali, una contrazione po' comune a tutte le case automobilistiche, ma in misura maggiore per il marchio torinese rispetto alle colleghe estere. Il fatto è che, fra incentivi e non incentivi, aiuti o aiutini di Stato, casse integrazione, reintegri ed sindacati imbufaliti, non si parla mai del vero problema che attanaglia il mercato delle auto: in questo settore la sovrapproduzione è sempre stata all'ordine del giorno, con una domanda fortemente negativa. La situazione sta diventando difficile. Da una parte ci sono operai completamente spaccati in varie fasce, tra chi si fa il cosidetto "mazzo" lavorando e facendo straordinari, chi sciopera bloccando le catene di montaggio, e chi è perennamente in cassa integrazione ignaro del proprio futuro. La soluzione sta al di là delle menti di qualche povero industriale, economista o giornalista; la produttività in Italia cresce poco poco, a volte diminuisce, a fronte di costi sempre più alti che non ci rendono efficienti e competitivi nel "Trade" mondiale, ma le affermazioni di Marchionne, amministratore delegato molto serio e superiore alla media dei colletti bianchi attuali, non possono essere accettate. La Fiat deve rimanere in Italia, deve continuare a produrre qui. Magari riducendo le spese per fare quantità di produzione elevate, investendo quelle risorse non utilizzate in favore di sviluppo e ricerca al fine di sfondare nei nuovi mercati. Lasciare il Bel Paese sarebbe come tradire un popolo intero e il sogno collettivo di quel popolo che nel Dopoguerra vedeva questa azienda come il simbolo per il riscatto nazionale e il fiore all'occhiello del boom economico.

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