giovedì 9 dicembre 2010

La riforma Gelmini. Una possibilità o una presa per il ****?

Diciamo che non c'è una via di mezza nell'opinione pubblica italiana riguardo qualsiasi cosa di rilevanza politica. O fa schifo o è perfetta. Bisognerebbe invece essere un po' più responsabili e coerenti, sostenendo con forza alcuni punti importanti della riforma universitaria e disapprovando con vivacità altri perni del decreto. L'idea di fondo è quella naturalmente di migliorare la qualità del sistema universitario nazionale, sempre più nei bassifondi delle classifiche. Qualcosa di pesante bisogna fare, questo è ovvio. Bisogna poi vedere anche in che modo lo si fa. Analizziamo per punti. Partendo dal lato amministrativo, (e qui ci saranno critiche), vedo con grande positività l'ingresso di rappresentanze d'imprese e soggetti privati all'interno dei Cda accademici. Questa porterà sicuramente una maggiore apertura dell'università verso il territorio e il mondo produttivo. E sappiamo quanto sia importante un'università che formi i ragazzi per un facile inserimento nel mondo del lavoro. La limitazione degli anni di rettorato e la norma antiparentopoli mette un freno alle scandalose baronie sorte nel corso degli anni. Ma molte sono anche le norme su cui sorgono molti dubbi. La ricerca è sicuramente l'area più oscura. I contratti a tempo determinato per 3 anni rinnovabili per altri 3 senza la garanzia certa dell'assunzione come associato al termine dei 6 anni, beh questo è un fardello abbastanza pesante. Come poi equiparare le università pubbliche con il Cepu, un'altra contraddizione molto evidente. Non contensto invece il finanziamento di 100 milioni alle università private. Avendo studiato microeconomia, posso affermare con certezza che chi si accolla grandi spese per garantire alla collettività un'esternalità positiva, deve essere incentivato dalla Stato. E lo Stato fa proprio questo. Ecco, questi sono appunto i punti salienti. Credo che un buon dibattito pubblico, unito ad un gran lavoro in Parlamento da parte tutti, possa portare ad una riforma maggiormente condivisa, anche se purtroppo le premesse non sono entusiasmanti.

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