mercoledì 27 febbraio 2013

La rivincita dei mercati sugli elettori

E' bastato l'annuncio di ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi per far tremare i mercati prima di Natale. Vista l'esito delle elezioni di due giorni fa, e l'instabilità prodotta dalle urne, era annunciato un martedì nero in Borsa e sui mercati finanziari. E così è stato. Milano oggi ha riguadagnato qualcosa, oltre l'1%, mentre ieri Piazza Affari ha perso il 4,89%, oltre 17,3 miliardi di capitalizzazione bruciati. Le perdite sono arrivate specialmente dai titoli bancari, pieni di Btp in bilancio, e addirittura è intervenuta la Consob per vietare le vendite allo scoperto su Intesa e Carige. Lo spread ha toccato i 344 punti base, mentre nella giornata di oggi è lievemente calato, a quota 336. La tensione rimane altissima: infatti siamo ben lontani da quei 200 punti di spread che indicherebbero la sicurezza dei conti e sull'elevato debito pubblico italiano nel lungo periodo. Quel traguardo a cui ci si è avvicinati a forza di sacrifici e serietà messa in campo dal governo tecnico, e delapidata dal voto degli italiani, che hanno sonoramente bocciato le politiche di austerità di Monti, votando per la maggioranza Grillo e Berlusconi e la loro avversione all'Europa delle politiche economiche restrittive imposte dalla Germania ai paesi in difficoltà. Chi presta soldi all'Italia, i nostri creditori, ha già presentato un conto che ha il sapore del salato. Sono stati infatti collocati 8,75 miliardi di Bot a 6 mesi a un tasso d'interesse dell'1,24%, in crescita rispetto allo 0,73% del mese scorso. Rendimenti in salita anche per i Btp, oggi all'asta per un massimo di 6,5 miliardi. L'aumento dello spread riduce l'efficienza del sistema Paese, perchè, per intenderci, se vogliamo prendere a prestito, dobbiamo sborsare un interesse maggiore, a scapito degli aiuti di imprese e famiglie. A livello politico per i mercati sarebbe mortale tornare nuovamente alle urne. La soluzione è certamente un governo di salute pubblica, della durata di 7-8 mesi al massimo, che garantisca stabilità, realizzando una nuova riforma elettorale, una legge sulla corruzione e sui costi alla politica e la legge sul bilancio. Poi subito alle urne, ma con facce nuove. I mercati e l'Europa non tollererebbero di nuovo un boom di Grillo, una settima candidatura di Berlusconi, e un centrosinistra attaccato alla stessa dirigenza che, per vent'anni, non ha praticamente mai vinto, se non con maggioranze risicate e poi fatte cadere.

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