giovedì 31 gennaio 2013

Agricoltura, il futuro è qui

Ogni giorno, da ormai un mese a questa parte, apriamo i giornali, guardiamo i tg, ascoltiamo le radio, e naturalmente si parla di campagna elettorale. Un ritornello che si ripeterà ancora per una ventina di giorni abbondanti, senza esclusione di colpi, da una parte e dall'altra. Su tutti rimbalza alle nostre orecchie la questione della tassazione, le più esilaranti promesse sull'Imu, fino agli ultimi più recenti casi di sprechi nei fondi regionali ai partiti e allo scandalo derivati in Montepaschi. Tasse, corruzione, banche, finanza malata. Si parla di tutto, ma a mio avviso ci siamo dimenticati di una cosa. Magari non fa notizia, fa vendere meno a giornali e fa meno ascolti in televisione, ma stiamo tralasciando un settore troppo importante quanto dimenticato, l'agricoltura e più in generale l'intero comparto del primario. Non che mi aspettassi niente di che dall'offerta politica su questo campo, ma quantomeno un cenno di vita. Non se ne parla mai, nonostante le occasioni di lavoro offerte anche in tempo di crisi, un quota sul pil sempre crescente, e un valore aggiunto in costante ascesa. Nonostante le mille difficoltà, rappresentate in gran parte dal reddito degli agricoltori, sempre più eroso a causa di costi di produzione crescenti. Occorre una nuova politica agricola nazionale, che, in primis cerchi il giusto equilibrio nel livello dei prezzi fra produttore e consumatore, oltre a garantire maggiore efficienza in campo, più aggregazione fra le imprese (la media ettari di un'impresa in Italia è fra le più basse d'Europa) e un marketing sempre più deciso per accrescere l'export, già molto trainante. Il settore agricolo è certamente strategico, senza dubbio. Basta saper leggere una manciata di dati. Nel 2050 la popolazione mondiale toccherà quota oltre nove miliardi di persone, ovvero due in più di quelli attuali, e di conseguenza, aumenterà fortemente la domanda di cibo. Per adeguarsi a questi ritmi, l'agricoltura dovrà correre più forte, e adeguare la propria produzione mondiale di circa 70% in più. I paesi più popolosi come Cina, India, Brasile sono già partiti da alcuni anni con una decisa politica di acquisizioni di terre a basso costo, specialmente in Africa, al fine di far fronte alla propria crescita della popolazione al proprio interno. Tale fenomeno, detto “Land Grabbing” si sta diffondendo sempre di più, e se da una parte garantisce in prospettiva grandi quantità di risorse ai maggiori paesi, dall'altra va a scapito della popolazioni autoctone di quelle terre, costrette a rimanere con pochi pugni di riso in mano. E' per questo che il nostro paese non ha tempo da perdere, e deve mettersi in moto non per contribuire a una neo forma di colonialismo, come può essere licitamente ritenuto il Land Grabbing, ma cercando di valorizzare le proprie terre e accrescere in quantità e qualità le proprie produzioni. L'era dei derivati e dell'economia di carta è ormai terminata, ora è tempo di economia reale. E l'economia reale deve ripartire dall'agricoltura.

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