foto presa dal sito "www.italianelbicchiere.it" |
Dire
che il vino italiano sia un'eccellenza del nostro Made in Italy è
come scoprire l'acqua calda. Dire però che il nostro vino deve
diventare la punta di diamante del nostro export è una constatazione
e un percorso da perseguire al meglio. Questo perchè con i suoi 5
miliardi di euro, il valore dell'export italiano di vino nel 2013 si
consolida sempre di più e contribuisce sempre di più al fatturato
delle aziende. Molte di esse hanno partecipato al “Wine2Wine”
della Fiera di Verona, una due giorni conclusasi oggi focalizzato sul
futuro dei mercati del vino e sull'opportunità per le nostre aziende
all'estero. La crescita dell'export è la condizione necessaria per
la vitalità del settore. Se infatti guardiamo al mercato interno,
possiamo facilmente notare come questo si sia eroso negli anni.
Secondo i dati di Wine Monitor, dal 2003 ad oggi il consumo di vino
in Italia si è ridotto del 30%, in contrapposizione a una
tendenziale crescita mondiale dei consumi. Se nel 1976 consumavamo
100 litri procapite annui, già nel 1986 questa quota era passato a
quasi 70, per poi ridursi vent'anni dopo a 44 litri. Ancora peggiore
il dato rilevato nel 2013, con 35 litri di vino procapite. In pratica
in meno di quarant'anni gli italiani hanno ridotto i propri consumi
di vino di circa un 65%. Ed ecco la necessità di guardare
all'estero, ormai sempre di più. Fra i più apprezzati, per la
categoria spumanti, è il Prosecco, che nel 2013 ha addirittura
battuto per vendite lo Champagne, e tira così la volata dell'export
italiano. Particolarmente apprezzati anche il Chianti, il Brunello e
il Pinot Grigio negli Stati Unit, mentre in Russia, oltre al Chianti,
vanno forte il Barolo e il Moscato d'Asti. Altri mercati fondamentali
per noi sono la Germania e la Gran Bretagna, oltre a Canada e
Giappone. Focalizzando però l'attenzione a livello strategico,
l'Italia deve provare a sfondare su mercati già raggiunti ma ancora
ben poco esplorati. Potenziarsi il più possibile in Russia, sfondare
in Cina, provarci in Brasile e iniziare ad esplorare l'India. In
poche parole, guardare ai Bric. Crescita della popolazione, crescita
dell'economia, crescita dei redditi. Queste le tre condizioni che
hanno caratterizzato questi quattro grandi paesi negli ultimi 15-20
anni, rendendoli i grandi protagonisti della globalizzazione. Quella
globalizzazione che, in termini di posti di lavoro, investimenti e di
centralità dei ruoli, ci ha tolto ben più di qualcosa, togliendo
però dalla povertà tante persone nei paesi in via di sviluppo. Ora
la stessa globalizzazione forse ci vuole restituire qualcosa. Per
popolazione, consumi e trend le opportunità che offrono i Bric, al
netto di tutti gli aspetti negativi, sono incredibili. E' vero che,
come detto, le complicazioni ci sono. Per affrontare bisogna essere
più strutturati, le aziende italiane devono puntare su aggregazioni
e investimenti in logistica e promozione dei prodotti. Non è
possibile avere venti promozioni diversi perchè ogni Regione
italiana guarda per sé. Per sfondare in mercati così grandi è
necessaria che la politica di promozione sia nazionale e che siano
tutte le aziende, in sinergia con il Ministero dell'Agricoltura, a
promuovere i propri vini di eccellenza. Non è un lavoro semplice, ma
ne va del futuro di un settore che rappresenta una delle punte della
qualità dei beni di consumo italiani.
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