venerdì 21 ottobre 2011

Ritornare all'agricoltura

La crisi finanziaria, il debito sempre più incontenibile e l'assenza di ricette valide per far ripartire l'economia devono costringere il nostro paese a fare una seria riflessione su ciò che siamo in grado di fare, di produrre e di mettere in evidenza sui mercati. Da tanti anni ormai il settore primario non rientra più nei piani economici dei vari governi in carica finora. Eppure, nonostante il periodo non proprio favorevole, è comunque un settore di base, un vero comparto dell'economia reale. La globalizzazione e la crescita demografica prevista per i prossimi decenni implicano che l'agricoltura ritorni ad essere un perno fondamentale per la solidità dell'economia. A fronte di una popolazione sempre più in crescita, le superfici utilizzate e le produzioni non riescono a mantenere il passo e saranno inevitabili scontri per accaparrarsi le provvigioni. La Cina, senza brillare per solidarietà nei confronti dei paesi più poveri, si è già mossa per tempo comprando e affittando migliaia di ettari in Africa e America Latina, per far fronte all'espansione della popolazione asiatica. E l'Italia che fa? Poco e nulla, essendo manipolata dall'Unione Europea in tema di Politica Agricola Comunitaria, e sempre meno competitiva sui mercati internazionali, ad eccezione delle grandi produzioni di qualità. Ma si può fare una nuova Italia agricola, che sperimenti magari nuove produzioni, incentivi neolaureati o giovani imprenditori a investire, per ritornare a giocare un ruolo di più alto profilo nella zona Ue, e per dare un ulteriore forte schiaffo all'economia virtuale, quell'economia che ci ha portato alla rovina.

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