In queste giornate con l'attenzione mediatica completamente incentrata sulle vicende personali del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, attraverso il blog vorrei togliere un po' l'attenzione su quei fatti, su cui la magistratura farà il suo corso. Tutti sembrano essersi dimenticati di un fatto molto più importante, molto più grave. E' morto un altro alpino italiano, Luca Sanna, in un avamposto nella zona di Bala Murghab, ucciso da un terrorista vestito da militare afghano, oltre ad un altro militare ferito. Ormai ne succedono di tutti i colori, i morti e i feriti sono quasi all'ordine del giorno. E la domanda risorge, ogni volta, crudelmente, sempre spontanea. E' giusto mantenere la nostra presenza in Afghanistan? Cosa possiamo fare per fermare le violenze? Nulla. Nulla. Non possiamo fare niente. Se non quello di ritirarci. Queste giovani vite valgono la libertà e la democrazia in Afghanistan? Probabilmente no. Spendiamo troppi, troppi, troppi soldi per mantenere il nostro contingente: potremo utilizzarlo per ridurre il nostro debito pubblico. Non voglio cadere nel solito luogo comune, ma, almeno per me, è dura continuare a sopportare giovani vite italiane spezzate per la libertà altrui. E' ormai dieci anni che siamo in Afghanistan, le cose non sono cambiate più di tanto, anzi sembra che stiano peggiorando. Quel popolo è stato aiutato fin troppo. Arrivato fino a questo punto, io farei come Pilato. Me ne laverei le mani. La nostra pazienza ha un limite.
martedì 18 gennaio 2011
La democrazia se la conquistino loro, gli Afghani
In queste giornate con l'attenzione mediatica completamente incentrata sulle vicende personali del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, attraverso il blog vorrei togliere un po' l'attenzione su quei fatti, su cui la magistratura farà il suo corso. Tutti sembrano essersi dimenticati di un fatto molto più importante, molto più grave. E' morto un altro alpino italiano, Luca Sanna, in un avamposto nella zona di Bala Murghab, ucciso da un terrorista vestito da militare afghano, oltre ad un altro militare ferito. Ormai ne succedono di tutti i colori, i morti e i feriti sono quasi all'ordine del giorno. E la domanda risorge, ogni volta, crudelmente, sempre spontanea. E' giusto mantenere la nostra presenza in Afghanistan? Cosa possiamo fare per fermare le violenze? Nulla. Nulla. Non possiamo fare niente. Se non quello di ritirarci. Queste giovani vite valgono la libertà e la democrazia in Afghanistan? Probabilmente no. Spendiamo troppi, troppi, troppi soldi per mantenere il nostro contingente: potremo utilizzarlo per ridurre il nostro debito pubblico. Non voglio cadere nel solito luogo comune, ma, almeno per me, è dura continuare a sopportare giovani vite italiane spezzate per la libertà altrui. E' ormai dieci anni che siamo in Afghanistan, le cose non sono cambiate più di tanto, anzi sembra che stiano peggiorando. Quel popolo è stato aiutato fin troppo. Arrivato fino a questo punto, io farei come Pilato. Me ne laverei le mani. La nostra pazienza ha un limite.sabato 15 gennaio 2011
Ora Marchionne deve spendere
Il testa a testa della lunga notte torinese all'interno dello stabilimento Fiat di Mirafiori non se lo aspettava forse nessuno. A parte la Fiom e una parte di coloro che possiamo definire "a sinistra", tutti, ma proprio tutti, si aspettavano un plebiscito. Bisogna essere onesti. Le ragioni del sì hanno vinto grazie agli impiegati, mentre la fabbrica, i bassifondi, in sostanza dove si suda, si è divisa, spaccata a metà. Il 45% dei dipendenti con questo voto dichiara che avrebbe preferito rimanere disoccupato che lavorare a quelle condizioni. O forse si aspettava che Marchionne ritrattasse. L' ad di Fiat non ritratta, signori. Non perchè voglia fare il padrone nemico e odiato dai lavoratori. Semplicemente la nostra industria deve tornare a pedalare, poichè in troppi anni abbiamo perso in competitività. Bisogna far capire che anche qui, in Italia, ci sono importanti possibilità per investire. Si deve far capire ai grande gruppi italiani, europei e mondiali, che anche il nostro paese può essere un opportunità; dobbiamo capovolgere nuovamente l'ago della bussola verso la nostra parte, distogliendola dai paesi come Cina e India. In Italia si può produrre. Ora Marchione deve tirare fuori il miliardo per ripartire. giovedì 13 gennaio 2011
Fiat: quando un azienda divide tutti
Ha diviso tutti, ma proprio tutti. Il futuro della Fiat ha diviso gli operai, le rappresentanze sindacali e i partiti. Addirittura troviamo spaccature all'interno di uno stesso partito, naturalmente quello Democratico, che, in verità, non è mai stato unito fin dalla sua nascita nel 2007. Il conflitto fuori dai cancelli di Mirafiori si è fatto esaltante, al limite dello straripante: operai targati Cgil-Fiom ed altri tesserati Cisl e Uil, pesanti sono stati i contatti a suon di parole. E' chiaro il contrasto fra due modelli di sindacalismo: quello di ispirazione cattolica di Cisl e Uil, che vedono la proprietà come un figura imprenditoriale importante, con cui bisogna trattare per migliorare il lavoro e la produttività. A questo si contrappone quello di stampo socio-comunista massimalista, che invece vede l'imprenditore come un "padrone" e nemico da combattere. Qual è il migliore? Non è possibile affermarlo, certamente entrambe meritano rispetto e attenzione. Vedremo domani sera quale sarà il modello scelto dai lavoratori torinesi. A livello politico, il centrodestra sta naturalmente dalla parte di Marchionne. Eloquenti le parole del premier Silvio Berlusconi, che ha giustificato la perdita degli investimenti Fiat a Mirafiori qualora dovesse prevalere il fronte del no. Il PD e in generale tutto il centrosinistra si trova diviso, con diverse voci; dal catastrofismo del segretario Bersani all'apertura a Marchionne di Renzi e Fassino, fino a Sel, con un Vendola, super fan della Fiom, ma duramente contestato ieri fuori dalla fabbrica, per il suo presunto doppiogiochismo fuori e dentro le fabbriche. Tutte chiacchiere e distintivo. Ma intanto in catena si lavora, e dalle 22 di questa sera si inizia a votare. Domani sera sapremo la volontà dei lavoratori.
martedì 11 gennaio 2011
A Mirafiori ci vuole un si
Andate a raschiare sul fondo del barile del mondo delle imprese e trovatemi un azienda che non sia la Fiat che voglia investire 700 milioni di euro in Italia. La cercherete invano. Certo, andando ad analizzare quello che si chiede ai lavoratori bisogna riflettere sull'accordo: la riduzione delle pause, lo spostamento del pranzo a fine turno, la possibilità di fare straordinari, certo sono sicuramente condizioni a vantaggio dell'azienda e solamente per alcuni apparentemente negativi per i lavoratori. Quest'ultimi infatti potranno scegliere se fare straordinari o no, potranno decidere se lavorare di più o no: chi lavorerà di più e chi lavorerà di notte sarà pagato di più. Il mercato si è voluto, si è ammodernizzato, e l'Italia per anni è rimasta a guardare, mentre in Francia e Germania si ristrutturavano i sistemi di lavoro e gli impianti. E non in Cina, dove è chiaro che i diritti dei lavoratori sono totalmente lesi. L'industria italiana deve ripartire dal recupero della competitività, legando gli aumenti salariali all'aumento della produttività, e lasciando da parte le vecchie ideologie, le quali non hanno giovato la presenza italiana sui mercati internazionali. Se si va contro votando no, l'azienda risponde picche e si perde l'investimento. Se si perde l'investimento Torino perde la Fiat e Mirafiori. Si brucerebbero 12000 posti di lavoro nel comprensorio di Mirafiori più l'indotto, oltre a un pezzo di storia, la storia dell'industria del nostro paese, la storia del fenomeno migratorio interno negli 40-50, la storia della Fiat come icona nazionale simbolo del boom economico del Dopoguerra. L'accordo sa da fare. Assolutamente.venerdì 7 gennaio 2011
Fino all'ultimo seggio
E' partita l'operazione di Berlusconi: incassare la fiducia di quanti più possibili deputati per mantenere salda la legislatura e di conseguenza ripartire con le riforme. FLI O UDC? Questo è il dilemma che attanaglia il premier..Se cercare di convincere gli ex compagni di partito seguaci di Gianfranco Fini o catturare l'attenzione degli ex alleati di centro. Occhio alla tresca, che si giocherà sui temi etici ed economici. Tanti sono gli sponsor di Pier Ferdinando Casini, da Gasparri a Frattini, fino a Gianni Letta. Occhio però anche alla Lega, che è alla finestra e guarda con attenzione ai giochi di palazzo. Se non porteranno a casa il federalismo il prossimo 23 gennaio, si andrà dritti alle urne. E il federalismo, con l'Udc, non è facile da portare a casa.lunedì 3 gennaio 2011
COMPLIMENTI A LULA
Complimenti, non c'è che dire. Il governo brasiliano ha deciso di difendere Cesare Battisti, non concedendo all'Italia l'estradizione del ex terrorista delle Brigate Rosse. 4 condanne per quattro omicidi negli anni di Piombo, un mix letale che gli ha regalato l'ergastolo. Un ergastolo un po' strano però. Infatti la pena non sarà scontata in Italia, bensì in Brasile, dove nel 2007 Battisti fu arrestato. Non oso immaginare cosa sta passando per le menti delle famiglie Sabbadin, Santoro, Torreggiani e Campagna. Quattro famiglie colpite dalle BR. 4 padri di famiglia uccisi tutti e quattro mentre lavoravano per portare a casa il pane per le proprie famiglie. Uccisi, perchè ribellatisi chi con la forza e chi non, ai nuclei proletari combattenti. Se queste 4 persone non avranno giustizia, beh dovremo ringraziare il "grande" socialista Lula, il presidente che ha guidato per otto anni il Brasile e che è sempre stato, almeno in Brasile, dalla parte dei lavoratori.Quanto sei bella Roma quand'è sera...reportage romano 28-29 dicembre
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